ALCUNE PAROLE DI PAPA FRANCESCO SUL LAVORO

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GENNAIO 2016

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AL MOVIMENTO CRISTIANO LAVORATORI
Aula Paolo VI
Sabato, 16 gennaio 2016

(…) È vero: il lavoro è una vocazione, perché nasce da una chiamata che Dio rivolse fin dal principio all’uomo, perché “coltivasse e custodisse” la casa comune (cfr Gen 2,15). (…) Come possiamo rispondere bene a questa vocazione, che ci chiama ad imitare attivamente l’instancabile opera del Padre e di Gesù che, dice il Vangelo, “agiscono sempre” (cfr Gv 5,17)?  Vorrei suggerirvi tre parole, che possono aiutarci. La prima è educazione. Educare significa “trarre fuori”. È la capacità di estrarre il meglio dal proprio cuore. Non è solo insegnare qualche tecnica o impartire delle nozioni, ma rendere più umani noi stessi e la realtà che ci circonda. E questo vale in modo particolare per il lavoro: occorre formare a un nuovo “umanesimo del lavoro”. Perché viviamo in un tempo di sfruttamento dei lavoratori; in un tempo, dove il lavoro non è proprio al servizio della dignità della persona, ma è il lavoro schiavo. Dobbiamo formare, educare ad un nuovo umanesimo del lavoro, dove l’uomo, e non il profitto, sia al centro; dove l’economia serva l’uomo e non si serva dell’uomo.

Un altro aspetto è importante: educare aiuta a non cedere agli inganni di chi vuol far credere che il lavoro, l’impegno quotidiano, il dono di sé stessi e lo studio non abbiano valore. Aggiungerei che oggi, nel mondo del lavoro – ma in ogni ambiente – è urgente educare a percorrere la strada, luminosa e impegnativa, dell’onestà, fuggendo le scorciatoie dei favoritismi e delle raccomandazioni. Qui sotto c’è la corruzione. Ci sono sempre queste tentazioni, piccole o grandi, ma si tratta sempre di “compravendite morali”, indegne dell’uomo: vanno respinte, abituando il cuore a rimanere libero. Altrimenti, ingenerano una mentalità falsa e nociva, che va combattuta: quella dell’illegalità, che porta alla corruzione della persona e della società. (…). Educare è una grande vocazione: come san Giuseppe addestrò Gesù all’arte del falegname, anche voi siete chiamati ad aiutare le giovani generazioni a scoprire la bellezza del lavoro veramente umano.

La seconda parola che vorrei dirvi è condivisione. Il lavoro non è soltanto una vocazione della singola persona, ma è l’opportunità di entrare in relazione con gli altri: «qualsiasi forma di lavoro presuppone un’idea sulla relazione che l’essere umano può o deve stabilire con l’altro da sé» (Lett. enc. Laudato si’, 125). Il lavoro dovrebbe unire le persone, non allontanarle, rendendole chiuse e distanti. Occupando tante ore nella giornata, ci offre anche l’occasione per condividere il quotidiano, per interessarci di chi ci sta accanto, per ricevere come un dono e come una responsabilità la presenza degli altri. (…)

L’ultima parola che vorrei consegnarvi è testimonianza. L’apostolo Paolo incoraggiava a testimoniare la fede anche mediante l’attività, vincendo la pigrizia e l’indolenza; e diede una regola molto forte e chiara: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2 Ts 3,10). Anche in quel tempo c’erano quelli che facevano lavorare gli altri, per mangiare loro. Oggi, invece, ci sono persone che vorrebbero lavorare, ma non ci riescono, e faticano persino a mangiare. Voi incontrate tanti giovani che non lavorano: davvero, come avete detto, sono “i nuovi esclusi del nostro tempo”. (…)

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UDIENZA GIUBILARE
Piazza San Pietro

Sabato, 30 gennaio 2016
(…)  Qualcuno di voi si è domandato come è la casa del Papa, dove abita il Papa. Il Papa abita qui dietro, a Casa Santa Marta. E’ una casa grande, dove abitano una quarantina di sacerdoti e alcuni vescovi che con me lavorano in Curia, e ci sono anche ospiti di passaggio: Cardinali, Vescovi, laici che vengono a Roma per gli incontri nei Dicasteri, e queste cose... E c’è un gruppo di uomini e donne, che portano avanti i lavori della casa, sia nei lavori della pulizia, nella cucina, nella sala da pranzo. E questo gruppo di uomini e donne sono parte della nostra famiglia, formano una famiglia: non sono dipendenti lontani, perché noi li consideriamo come parte della nostra famiglia. E vorrei dirvi che oggi il Papa è un po’ triste perché ieri è mancata una signora che ci aiuta tanto, da anni … Anche suo marito lavora qui, con noi, in questa casa. Dopo una lunga malattia, il Signore l’ha chiamata a sé. Si chiama Elvira. E io vi invito, oggi, a fare due opere di misericordia: pregare per i defunti e consolare gli afflitti. E vi invito a pregare un’Ave Maria per la pace eterna e la gioia eterna della signora Elvira, e perché il Signore consoli suo marito e i suoi figli. (…)

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FEBBRAIO 2016

INCONTRO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
CON I PARTECIPANTI AL GIUBILEO DELLA VITA CONSACRATA

Aula Paolo VI
Lunedì, 1° febbraio 2016

“E nella tua comunità, ci sono suore anziane?” – “Sì, sì… C’è l’infermeria, al terzo piano” – “E quante volte al giorno tu vai a trovare le tue suore, le anziane, che possono essere tua mamma o tua nonna?” – “Ma, sa Padre, io sono molto impegnata nel lavoro e non ce la faccio ad andare…”. Prossimità! Qual è il primo prossimo di un consacrato o di una consacrata? Il fratello o la sorella della comunità. Questo è il vostro primo prossimo.(…)

(..)Sono virtù di prossimità. E i Santi avevano questo, i Santi consacrati avevano questo. Santa Teresa di Gesù Bambino mai, mai si è lamentata del lavoro, del fastidio che le dava quella suora che doveva portare alla sala da pranzo, tutte le sere: dal coro alla sala da pranzo. Mai!

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GIUBILEO DELLA VITA CONSACRATA 
E CHIUSURA DELL'ANNO DELLA VITA CONSACRATA
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
Martedì, 2 febbraio 2016

Grazie per finire così, tutti insieme, quest’Anno della Vita Consacrata. E andate avanti! Ognuno di noi ha un posto, ha un lavoro nella Chiesa. Per favore, non dimenticate la prima vocazione, la prima chiamata. Fate memoria! E con quell’amore con cui siete stati chiamati, oggi il Signore continua a chiamarvi. Non abbassare, non abbassare quella bellezza, quello stupore della prima chiamata. E poi continuare a lavorare. E’ bello! Continuare. Sempre c’è qualcosa da fare. La cosa principale è pregare. Il “midollo” della vita consacrata è la preghiera: pregare! E così invecchiare, ma invecchiare come il buon vino!

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UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 10 febbraio 2016
E quante “primizie” chi è più fortunato potrebbe donare a chi è in difficoltà! Quante primizie! Primizie non solo dei frutti dei campi, ma di ogni altro prodotto del lavoro, degli stipendi, dei risparmi, di tante cose che si possiedono e che a volte si sprecano. Questo succede anche oggi. Nell’Elemosineria apostolica arrivano tante lettere con un po’ di denaro: “Questa è una parte del mio stipendio per aiutare altri”. E questo è bello; aiutare gli altri, le istituzioni di beneficenza, gli ospedali, le case di riposo…; dare anche ai forestieri, quelli che sono stranieri e sono di passaggio. 

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GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA
UDIENZA GIUBILARE

Piazza San Pietro
Sabato, 20 febbraio 2016

(…) Ogni giorno ci è chiesto di mettere impegno nelle cose che facciamo: nella preghiera, nel lavoro, nello studio, ma anche nello sport, nelle attività libere… Impegnarsi, insomma, vuol dire mettere la nostra buona volontà e le nostre forze per migliorare la vita.(…)

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GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA
GIUBILEO DELLA CURIA ROMANA
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Cattedra di San Pietro Apostolo
Basilica Vaticana 
Lunedì, 22 febbraio 2016

Pertanto fa bene anche a noi, chiamati ad essere Pastori nella Chiesa, lasciare che il volto di Dio Buon Pastore ci illumini, ci purifichi, ci trasformi e ci restituisca pienamente rinnovati alla nostra missione. Che anche nei nostri ambienti di lavoro possiamo sentire, coltivare e praticare un forte senso pastorale, anzitutto verso le persone che incontriamo tutti i giorni. Che nessuno si senta trascurato o maltrattato, ma ognuno possa sperimentare, prima di tutto qui, la cura premurosa del Buon Pastore.

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
AGLI IMPRENDITORI RIUNITI IN CONFINDUSTRIA

Aula Paolo VI
Sabato, 27 febbraio 2016

(…) Come sarebbe diversa la nostra vita se imparassimo davvero, giorno per giorno, a lavorare, a pensare, a costruire insieme! (…)

Nel complesso mondo dell’impresa, “fare insieme” significa investire in progetti che sappiano coinvolgere soggetti spesso dimenticati o trascurati. Tra questi, anzitutto, le famiglie, focolai di umanità, in cui l’esperienza del lavoro, il sacrificio che lo alimenta e i frutti che ne derivano trovano senso e valore. E, insieme con le famiglie, non possiamo dimenticare le categorie più deboli e marginalizzate, come gli anziani, che potrebbero ancora esprimere risorse ed energie per una collaborazione attiva, eppure vengono troppo spesso scartati come inutili e improduttivi. E che dire poi di tutti quei potenziali lavoratori, specialmente dei giovani, che, prigionieri della precarietà o di lunghi periodi di disoccupazione, non vengono interpellati da una richiesta di lavoro che dia loro, oltre a un onesto salario, anche quella dignità di cui a volte si sentono privati?(…)

(…)“Fare insieme” vuol dire, infatti, impostare il lavoro non sul genio solitario di un individuo, ma sulla collaborazione di molti. Significa, in altri termini, “fare rete” per valorizzare i doni di tutti, senza però trascurare l’unicità irripetibile di ciascuno. Al centro di ogni impresa vi sia dunque l’uomo: non quello astratto, ideale, teorico, ma quello concreto, con i suoi sogni, le sue necessità, le sue speranze, le sue fatiche.

Questa attenzione alla persona concreta comporta una serie di scelte importanti: significa dare a ciascuno il suo, strappando madri e padri di famiglia dall’angoscia di non poter dare un futuro e nemmeno un presente ai propri figli; significa saper dirigere, ma anche saper ascoltare, condividendo con umiltà e fiducia progetti e idee; significa fare in modo che il lavoro crei altro lavoro, la responsabilità crei altra responsabilità, la speranza crei altra speranza, soprattutto per le giovani generazioni, che oggi ne hanno più che mai bisogno (…)

(…) Cari amici, voi avete «una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti» (Lett. enc. Laudato si’, 129); siete perciò chiamati ad essere costruttori del bene comune e artefici di un nuovo “umanesimo del lavoro”. Siete chiamati a tutelare la professionalità, e al tempo stesso a prestare attenzione alle condizioni in cui il lavoro si attua, perché non abbiano a verificarsi incidenti e situazioni di disagio.

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MARZO 2016

UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 2 marzo 2016
(…) penso ad alcuni benefattori della Chiesa che vengono con l’offerta - “Prenda per la Chiesa questa offerta”- è frutto del sangue di tanta gente sfruttata, maltrattata, schiavizzata con il lavoro malpagato! Io dirò a questa gente: “Per favore, portati indietro il tuo assegno, brucialo”. Il popolo di Dio, cioè la Chiesa, non ha bisogno di soldi sporchi, ha bisogno di cuori aperti alla misericordia di Dio. È necessario avvicinarsi a Dio con mani purificate, evitando il male e praticando il bene e la giustizia (…)

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APRILE 2016

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA 
DOMUS SANCTAE MARTHAE

COME SI CREA L'ARMONIA

Martedì, 5 aprile 2016
(…) Il Pontefice ha suggerito di «leggere e rileggere questo passo degli Atti degli apostoli: il capitolo quarto, dal versetto 32 in avanti». E la ragione è presto detta: «Perché è quello che Gesù aveva chiesto al Padre nell’ultima cena: che siano “uno”, che ci fosse l’armonia tra loro». E «quando arriva il dono del Padre, che è lo Spirito Santo, lui è capace di stabilire questa armonia».

Ecco perché, ha concluso il Papa, «ci farà bene leggere questo brano, oggi, e vedere le cose che si dicono e come ciascuno di noi possa aiutare la sua famiglia, il suo quartiere, la sua città, i compagni di lavoro, di scuola, tutti quelli che gli sono vicini, per creare questa armonia che si fa nel nome del Signore Gesù risorto e che è una grazia dello Spirito Santo».

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REGINA COELI
Piazza San Pietro
Domenica, 17 aprile 2016
Sono vicino alle tante famiglie preoccupate per il problema del lavoro. Penso in particolare alla situazione precaria dei lavoratori italiani dei Call Center: auspico che su tutto prevalga sempre la dignità della persona umana e non gli interessi particolari.

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PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
DURANTE LA VISITA ALLA MANIFESTAZIONE "VILLAGGIO PER LA TERRA"

Roma, Villa Borghese
Domenica, 24 aprile 2016
Gratuità: è la parola-chiave. Gratuità che fa sì che io dia la mia vita così com’è, per andare con gli altri e fare che questo deserto diventi foresta. Gratuità, questa è una cosa bella!

E perdono, anche, perdonare. Perché, col perdono, il rancore, il risentimento si allontana. E poi costruire sempre, non distruggere, costruire.

Ecco, queste sono le cose che mi vengono in mente. E come si fa questo? Semplicemente nella consapevolezza che tutti abbiamo qualcosa in comune, tutti siamo umani. E in questa umanità ci avviciniamo per lavorare insieme. “Ma io sono di questa religione, di quella…” Non importa! Avanti tutti per lavorare insieme. Rispettarsi, rispettarsi! E così vedremo questo miracolo: il miracolo di un deserto che diventa foresta.

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MAGGIO 2016

CONFERIMENTO DEL PREMIO CARLO MAGNO
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Sala Regia
Venerdì, 6 maggio 2016
Ultimamente ho riflettuto su questo aspetto e mi sono chiesto: come possiamo fare partecipi i nostri giovani di questa costruzione quando li priviamo di lavoro; di lavori degni che permettano loro di svilupparsi per mezzo delle loro mani, della loro intelligenza e delle loro energie? Come pretendiamo di riconoscere ad essi il valore di protagonisti, quando gli indici di disoccupazione e sottoccupazione di milioni di giovani europei sono in aumento? Come evitare di perdere i nostri giovani, che finiscono per andarsene altrove in cerca di ideali e senso di appartenenza perché qui, nella loro terra, non sappiamo offrire loro opportunità e valori?

«La giusta distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è mera filantropia. E’ un dovere morale». Se vogliamo pensare le nostre società in un modo diverso, abbiamo bisogno di creare posti di lavoro dignitoso e ben remunerato, specialmente per i nostri giovani.

Ciò richiede la ricerca di nuovi modelli economici più inclusivi ed equi, non orientati al servizio di pochi, ma al beneficio della gente e della società. E questo ci chiede il passaggio da un’economia liquida a un’economia sociale. Penso ad esempio all’economia sociale di mercato, incoraggiata anche dai miei Predecessori (cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all’Ambasciatore della R.F. di Germania, 8 novembre 1990). Passare da un’economia che punta al reddito e al profitto in base alla speculazione e al prestito a interesse ad un’economia sociale che investa sulle persone creando posti di lavoro e qualificazione.

Dobbiamo passare da un’economia liquida, che tende a favorire la corruzione come mezzo per ottenere profitti, a un’economia sociale che garantisce l’accesso alla terra, al tetto per mezzo del lavoro come ambito in cui le persone e le comunità possano mettere in gioco «molte dimensioni della vita: la creatività, la proiezione nel futuro, lo sviluppo delle capacità, l’esercizio dei valori, la comunicazione con gli altri, un atteggiamento di adorazione. Perciò la realtà sociale del mondo di oggi, al di là degli interessi limitati delle imprese e di una discutibile razionalità economica, esige che “si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro […] per tutti”» (Enc. Laudato si’, 127).

Se vogliamo mirare a un futuro che sia dignitoso, se vogliamo un futuro di pace per le nostre società, potremo raggiungerlo solamente puntando sulla vera inclusione: «quella che dà il lavoro dignitoso, libero, creativo, partecipativo e solidale». Questo passaggio (da un’economia liquida a un’economia sociale) non solo darà nuove prospettive e opportunità concrete di integrazione e inclusione, ma ci aprirà nuovamente la capacità di sognare quell’umanesimo, di cui l’Europa è stata culla e sorgente.

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
ALLE GUARDIE SVIZZERE PONTIFICIE
IN OCCASIONE DEL GIURAMENTO DELLE NUOVE RECLUTE

Sala Clementina
Sabato, 7 maggio 2016
(…) Crescere nella fede
. Siete chiamati a vivere il vostro lavoro come una missione che il Signore stesso vi affida; a cogliere il tempo che trascorrete qui a Roma, nel cuore della cristianità, come opportunità per approfondire l’amicizia con Gesù e camminare verso la meta di ogni vera vita cristiana: la santità. Perciò vi invito ad alimentare il vostro spirito con la preghiera e l’ascolto della parola di Dio; a partecipare con devozione alla Santa Messa e coltivare una filiale devozione verso la Vergine Maria, e così realizzare la vostra peculiare missione, lavorando ogni giorno “acriter et fideliter”, con coraggio e con fedeltà. (…)

(…) Fare esperienza di fraternità. Anche questo è importante: essere attenti gli uni agli altri, per sostenervi nel lavoro quotidiano e per arricchirvi reciprocamente, ricordandovi sempre che «si è più beati nel dare che nel ricevere» (At 20,35). Sappiate valorizzare la vita comunitaria, la condivisione dei momenti lieti e di quelli più difficili, prestando attenzione a chi tra di voi si trova in difficoltà e a volte ha bisogno di un sorriso e di un gesto di incoraggiamento e di amicizia. Assumendo questo atteggiamento, sarete favoriti anche nell’affrontare con diligenza e perseveranza i piccoli e grandi compiti del servizio quotidiano, testimoniando gentilezza e spirito di accoglienza, altruismo e umanità verso tutti. (…)

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ANGELUS
SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA TRINITÀ

Piazza San Pietro
Domenica, 22 maggio 2016
(…) Il nostro essere creati ad immagine e somiglianza di Dio-comunione ci chiama a comprendere noi stessi come esseri-in-relazione e a vivere i rapporti interpersonali nella solidarietà e nell’amore vicendevole. Tali relazioni si giocano, anzitutto, nell’ambito delle nostre comunità ecclesiali, perché sia sempre più evidente l’immagine della Chiesa icona della Trinità. Ma si giocano in ogni altro rapporto sociale, dalla famiglia alle amicizie, all’ambiente di lavoro: sono occasioni concrete che ci vengono offerte per costruire relazioni sempre più umanamente ricche, capaci di rispetto reciproco e di amore disinteressato (…).

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MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA 
DOMUS SANCTAE MARTHAE

GIORNO DOPO GIORNO

Martedì, 24 maggio 2016

(…) Perciò «tutti i giorni» abbiamo bisogno di conversione. Magari qualcuno potrà dire: «Padre, per convertirmi io devo fare penitenze, darmi delle bastonate», e invece, ha spiegato Francesco, servono «conversioni piccole». E così, «se tu sei capace di riuscire a non sparlare di un altro, sei sul buon cammino per diventare santo». Siamo chiamati a cose semplici: «Ho voglia di fare una critica al vicino, al compagno di lavoro»? sarà utile «mordere la lingua un po’», forse «si gonfierà» ma «il vostro spirito sarà più santo, in questo cammino».

L’importante è «andare avanti» in questo cammino «semplice» ma che richiede anche «fortezza» — «che è un dono dello Spirito Santo — per «portare le sofferenze». Infatti esse comunque arrivano nella vita: «che sia una malattia o la morte di uno dei cari o un problema con i figli o con i fratelli o un problema più grande negli affari o nel lavoro». Il riferimento è sempre Gesù, il quale «è andato avanti e ha sofferto». Così anche per noi «i piccoli pezzi di croce ci sono», ma c’è anche «la gioia di questo cammino» durante il quale, «ogni momento» incontriamo Gesù.(…)

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GIUGNO 2016

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
AI PARTECIPANTI ALLA SCUOLA ESTIVA DI ASTRONOMIA
DELLA SPECOLA VATICANA

Sala del Concistoro
Sabato, 11 giugno 2016
(…) il lavoro dello scienziato richiede grande impegno, che può essere lungo e faticoso. Tuttavia esso può e dovrebbe essere una sorgente di gioia. Vi auguro di saper coltivare in voi questa gioia, che anima il vostro lavoro scientifico, e che è la ragione per cui non potete fare a meno di condividerla con i vostri amici, le vostre famiglie, le vostre nazioni, come pure con la comunità internazionale degli scienziati con i quali lavorate. Vi auguro di sperimentare sempre la gioia della ricerca e del condividerne i frutti, con umiltà e fraternità. (…)

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ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 12 giugno 2016
(…) Oggi ricorre la Giornata mondiale contro il lavoro minorile. Rinnoviamo tutti uniti lo sforzo per rimuovere le cause di questa schiavitù moderna, che priva milioni di bambini di alcuni diritti fondamentali e li espone a gravi pericoli. Oggi ci sono nel mondo tanti bambini schiavi!(…)

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DISCORSO DEL SANTO PADRE 
AL PERSONALE DEL 
PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE (PAM)


Roma, 13 giugno 2016
(...) Grazie perché voi fate il lavoro nascosto, il lavoro “dietro”, quello che non si vede, ma che rende possibile che tutto vada avanti. Voi siete come le fondamenta di un palazzo: senza fondamenta il palazzo non sta in piedi. Tanti progetti, tante cose si possono fare, e si fanno nel mondo, nella lotta contro la fame, e li fanno tanta gente coraggiosa. Ma questo grazie al vostro sostegno, al vostro aiuto nascosto. I vostri nomi appaiono soltanto nella lista del personale - e alla fine del mese in quella dello stipendio –, ma al di fuori nessuno sa come vi chiamate. Eppure i vostri nomi rendono possibile questo grande lavoro, questo grande lavoro della lotta contro la fame. Grazie ad un piccolo lavoro, ad un piccolo sacrificio, un vostro sacrificio nascosto, piccolo o grande, tanti bambini possono mangiare, tanta fame viene vinta. Vi ringrazio tanto. (…)

 

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VISITA A "VILLA NAZARETH"
PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Sabato, 18 giugno 2016
(…) “Come fare del lavoro un luogo di vocazione?”. Andare verso la prima chiamata, la chiamata che ognuno di noi riceve e che è la stessa che ha ricevuto l’umanità in Adamo: andate, coltivate la Terra, moltiplicatevi, assoggettatevi la terra, lavorate… “Come fare del lavoro un luogo di vocazione?”. Forse la parola più forte qui è lavoro. Una cosa è lavorare e un’altra è fare cose per profittare e anche per approfittarsi degli altri. La cultura del lavoro. In tanti Paesi sottosviluppati c’è la cultura del sussidio: si aiuta, ma non si insegna a lavorare. A me fa tanto bene pensare a Don Bosco, alla fine dell’Ottocento, in quella Torino massonica, mangiapreti, povera, dove i ragazzi erano per la strada… Cosa ha fatto, lui? E’ andato con l’acqua benedetta? No. Ha fatto educazione di emergenza, ha fatto studiare per imparare mestieri semplici, e così entrare nella cultura del lavoro. Ha visto in quel rischio una opportunità, in quella crisi religiosa una opportunità; e ha aperto un orizzonte umano e religioso, a quelle persone. Lavoro. Che non è la stessa cosa che “fare cose”. La vocazione del lavoro, lavoro creativo. Il lavoro ci rende simili a Dio, che è Creatore, ed è anche un Artigiano. E il lavoro è un luogo di vocazione, non è un luogo di stallo, di parcheggio. La mia vocazione mi porta ad andare avanti nel lavoro, nella creatività. (…)

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FRANCESCO
COSTITUZIONE APOSTOLICA
VULTUM DEI QUAERERE
SULLA VITA CONTEMPLATIVA FEMMINILE

29 giugno 2016
(…)

Il lavoro

32. Il lavoro è anche per voi partecipazione all’opera che Dio creatore porta avanti nel mondo. Tale attività vi mette in stretta relazione con quanti lavorano con responsabilità per vivere del frutto delle proprie mani (cfr Gen 3,19), per contribuire all’opera della creazione e servire l’umanità; in particolare vi fa essere solidali con i poveri che non possono vivere senza lavorare e che spesso, pur lavorando, hanno bisogno del provvidenziale aiuto dei fratelli.

Affinché il lavoro non estingua lo spirito di contemplazione, come ci insegnano i grandi santi contemplativi, e affinché la vostra sia una vita «povera di fatto e di spirito da consumarsi in operosa sobrietà» come impone a voi la professione, con voto solenne, del consiglio evangelico di povertà, il lavoro sia compiuto con devozione e fedeltà, senza lasciarsi condizionare dalla mentalità efficientistica e dall’attivismo della cultura contemporanea. Sia per voi ancora e sempre valido il motto della tradizione benedettina “ora et labora”, che educa a trovare un rapporto equilibrato tra la tensione verso l’Assoluto e l’impegno nelle responsabilità quotidiane, tra la quiete della contemplazione e l’alacrità nel servizio. (…)

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AGOSTO 2016

LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ARGENTINA
IN OCCASIONE DELLA FESTA DI SAN CAYETANO

1° agosto 2016
(…) A San Cayetano chiediamo pane e lavoro. Il pane è più facile da avere perché c’è sempre qualche persona o istituzione buona che te lo offre, almeno in Argentina, dove il nostro popolo è così solidale. Ci sono luoghi nel mondo che non hanno neanche questa possibilità. Ma il lavoro è molto difficile da ottenere, soprattutto quando si continuano a vivere momenti in cui gli indici di disoccupazione sono significativamente alti. Il pane risolve una parte del problema, però solo metà, perché questo pane non è quello che si guadagna con il proprio lavoro. Una cosa è avere del pane da mangiare in casa e altra è portarlo a casa come frutto del lavoro. E questo è ciò che dà dignità.

Quando chiediamo lavoro stiamo chiedendo di poter sentire la dignità; e in questa celebrazione di San Cayetano chiediamo la dignità che ci conferisce il lavoro; poter portare il pane a casa. Trabajo, il termine spagnolo per Lavoro, con la sua T (che insieme alle altre due T: Tetto e Terra) si trova tra i concetti fondamentali dei Diritti Umani. E quando chiediamo lavoro per portare il pane a casa, stiamo chiedendo dignità.

La saggezza del nostro popolo ha un detto per qualificare chi, potendo lavorare, non lo fa: «quello vive alle spalle di altri». E il nostro popolo non ha una grande opinione di chi “vive alle spalle”, perché giustamente percepisce in essi una certa mancanza di dignità.(…)

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SETTEMBRE 2016

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA 
DOMUS SANCTAE MARTHAE
PICCOLI ARTIGIANI DELLA PACE

Giovedì, 8 settembre 2016
(…) Francesco ci aiuta a capire che «la pace è un dono, è un dono artigianale che dobbiamo lavorare, tutti i giorni, ma lavorarlo nelle piccole cose, nelle piccolezze quotidiane».
Tanto che di certo «non bastano i grandi manifesti per la pace, i grandi incontri internazionali se poi non si fa questa pace nel piccolo». Anzi, ha insistito il Papa, «tu puoi parlare della pace con parole splendide, fare una conferenza di successo, ma se nel tuo piccolo, nel tuo cuore, non c’è pace, nella tua famiglia non c’è pace, nel tuo quartiere non c’è pace, nel tuo posto di lavoro non c’è pace, non ci sarà neppure nel mondo»(…)

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SANTA MESSA IN OCCASIONE DEL 200° ANNIVERSARIO DELLA GENDARMERIA 
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO 

Basilica Vaticana 
Domenica, 18 settembre 2016 
(…) Il truffatore ama la truffa e odia l’onestà. Il truffatore ama le tangenti, gli accordi bui, quegli accordi che si fanno nel buio. E la cosa peggiore è che lui crede di essere onesto. Il truffatore ama i soldi, ama le ricchezze: le ricchezze sono un idolo. A lui non importa – come dice il profeta – calpestare i poveri. Sono quelli che hanno le grandi “industrie del lavoro schiavo”. E oggi nel mondo il lavoro schiavo è uno stile di gestione.  
Cari fratelli, voi che oggi celebrate il vostro compito, qual è il vostro compito? Voi che oggi celebrate 200 anni di servizio, anche contro la truffa, contro i truffatori, contro gli sfruttatori… Con le parole di san Paolo possiamo dire: «Che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4). Il vostro compito è evitare che si facciano le cose brutte come lo sfruttatore e il truffatore. Il vostro compito è difendere e promuovere l’onestà, e tante volte malpagati. Io vi ringrazio per la vostra vocazione; vi ringrazio per il lavoro che fate. So che tante volte dovete lottare contro tentazioni di quelli che vogliono “comprarvi”, e mi sento orgoglioso di sapere che il vostro stile è dire: “No, in questo non c’entro”. Vi ringrazio per questo servizio di due secoli, e mi auguro per tutti voi che la società dello Stato del Vaticano, che la Santa Sede, dall’ultimo fino al massimo, riconoscano il vostro servizio, un servizio che custodisce, un servizio che cerca non solo di fare che le cose vadano nel modo giusto, ma anche di farlo con carità, con tenerezza, e anche rischiando la propria vita. Il Signore vi benedica per tutto questo. Grazie.

(…)

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OTTOBRE 2016

GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA
UDIENZA GIUBILARE

Sabato, 22 ottobre 2016
(…) Cari fratelli e sorelle, dialogare aiuta le persone a umanizzare i rapporti e a superare le incomprensioni. C’è tanto bisogno di dialogo nelle nostre famiglie, e come si risolverebbero più facilmente le questioni se si imparasse ad ascoltarsi vicendevolmente! È così nel rapporto tra marito e moglie, e tra genitori e figli. Quanto aiuto può venire anche dal dialogo tra gli insegnanti e i loro alunni; oppure tra dirigenti e operai, per scoprire le esigenze migliori del lavoro.(…)
(…)Per concludere, tutte le forme di dialogo sono espressione della grande esigenza di amore di Dio, che a tutti va incontro e in ognuno pone un seme della sua bontà, perché possa collaborare alla sua opera creatrice. Il dialogo abbatte i muri delle divisioni e delle incomprensioni; crea ponti di comunicazione e non consente che alcuno si isoli, rinchiudendosi nel proprio piccolo mondo. Non dimenticatevi: dialogare è ascoltare quello che mi dice l’altro e dire con mitezza quello che penso io. Se le cose vanno così, la famiglia, il quartiere, il posto di lavoro saranno migliori. Ma se io non lascio che l’altro dica tutto quello che ha nel cuore e incomincio ad urlare – oggi si urla tanto – non andrà a buon fine questo rapporto tra noi; non andrà a buon fine il rapporto fra marito e moglie, tra genitori e figli. Ascoltare, spiegare, con mitezza, non abbaiare all’altro, non urlare, ma avere un cuore aperto.

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NOVEMBRE 2016

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL 3° INCONTRO MONDIALE DEI MOVIMENTI POPOLARI

Aula Paolo VI
Sabato, 5 novembre 2016
 (…) Nel nostro ultimo incontro, in Bolivia, con maggioranza di latinoamericani, abbiamo parlato della necessità di un cambiamento perché la vita sia degna, un cambiamento di strutture; inoltre di come voi, i movimenti popolari, siete seminatori di cambiamento, promotori di un processo in cui convergono milioni di piccole e grandi azioni concatenate in modo creativo, come in una poesia; per questo ho voluto chiamarvi “poeti sociali”; e abbiamo anche elencato alcuni compiti imprescindibili per camminare verso un’alternativa umana di fronte alla globalizzazione dell’indifferenza: 1. mettere l’economia al servizio dei popoli; 2. costruire la pace e la giustizia; 3. difendere la Madre Terra.
Quel giorno, con la voce di una “cartonera” e di un contadino, vennero letti, alla conclusione, i dieci punti di Santa Cruz de la Sierra, dove la parola cambiamento era carica di gran contenuto, era legata alle cose fondamentali che voi rivendicate: lavoro dignitoso per quanti sono esclusi dal mercato del lavoro; terra per i contadini e le popolazioni indigene; abitazioni per le famiglie senza tetto; integrazione urbana per i quartieri popolari; eliminazione della discriminazione, della violenza contro le donne e delle nuove forme di schiavitù; la fine di tutte le guerre, del crimine organizzato e della repressione; libertà di espressione e di comunicazione democratica; scienza e tecnologia al servizio dei popoli. Abbiamo ascoltato anche come vi siete impegnati ad abbracciare un progetto di vita che respinga il consumismo e recuperi la solidarietà, l’amore tra di noi e il rispetto per la natura come valori essenziali. È la felicità di “vivere bene” ciò che voi reclamate, la “vita buona”, e non quell’ideale egoista che ingannevolmente inverte le parole e propone la “bella vita”. (…)

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GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA
UDIENZA GIUBILARE

Sabato, 12 novembre 2016
(…) Questo aspetto della misericordia, l’inclusione, si manifesta nello spalancare le braccia per accogliere senza escludere; senza classificare gli altri in base alla condizione sociale, alla lingua, alla razza, alla cultura, alla religione: davanti a noi c’è soltanto una persona da amare come la ama Dio. Colui che trovo nel mio lavoro, nel mio quartiere, è una persona da amare, come ama Dio. “Ma questo è di quel Paese, dell’altro Paese, di questa religione, di un’altra… È una persona che ama Dio e io devo amarla”. Questo è includere, e questa è l’inclusione. (…)

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UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 16 novembre 2016
(…)Sopportare pazientemente le persone moleste
. Siamo tutti molto bravi nell’identificare una presenza che può dare fastidio: succede quando incontriamo qualcuno per la strada, o quando riceviamo una telefonata... Subito pensiamo: “Per quanto tempo dovrò sentire le lamentele, le chiacchiere, le richieste o le vanterie di questa persona?”. Succede anche, a volte, che le persone fastidiose sono quelle più vicine a noi: tra i parenti c’è sempre qualcuno; sul posto di lavoro non mancano; e neppure nel tempo libero ne siamo esenti. Che cosa dobbiamo fare con le persone moleste? Ma anche noi tante volte siamo molesti agli altri. Perché tra le opere di misericordia è stata inserita anche questa? Sopportare pazientemente le persone moleste? (…)
Viene quindi spontanea una prima domanda: facciamo mai l’esame di coscienza per vedere se anche noi, a volte, possiamo risultare molesti agli altri? È facile puntare il dito contro i difetti e le mancanze altrui, ma dobbiamo imparare a metterci nei panni degli altri.(…)
Guardiamo soprattutto a Gesù: quanta pazienza ha dovuto avere nei tre anni della sua vita pubblica! (…)

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DISCORSO AI PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE
DELLEASSOCIAZIONI DI IMPRENDITORI CATTOLICI (UNIAPAC)

Sala Regia
Giovedì, 17 novembre 2016
L’attività imprenditoriale deve includere sempre l’elemento di gratuità. I rapporti di giustizia tra dirigenti e lavoratori devono essere rispettati e pretesi da tutte le parti; ma, al tempo stesso, l’impresa è una comunità di lavoro in cui tutti meritano rispetto e apprezzamento fraterno da parte dei superiori, colleghi e subalterni. Il rispetto dell’altro come fratello si deve estendere anche alla comunità locale in cui si situa fisicamente l’impresa e, in un certo modo, tutte le relazioni giuridiche ed economiche dell’impresa devono essere moderate, avvolte in un clima di rispetto e di fraternità. Non mancano esempi di azioni solidali in favore dei più bisognosi compiute dal personale di imprese, cliniche, università o altre comunità di lavoro e di studio. Questo dovrebbe essere un modo consueto di agire, frutto di profonde convinzioni da parte di tutti, evitando che diventi un’attività occasionale per placare la coscienza o, peggio ancora, un mezzo per ottenere un utile pubblicitario.

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SALUTO AGLI ORGANIZZATORI E COLLABORATORI 
DEL GIUBILEO DELLA MISERICORDIA

Sala Clementina
Lunedì, 28 novembre 2016
(…) Un pensiero di vivo ringraziamento va ai numerosi Volontari venuti da diverse parti del mondo e a quanti hanno collaborato con il loro lavoro quotidiano, spesso silenzioso e discreto, a rendere questo Giubileo straordinario un vero evento di grazia.(…)

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DICEMBRE 2016

DISCORSO AI PARTECIPANTI AL IV CONGRESSO MONDIALE 
DI PASTORALE PER GLI STUDENTI INTERNAZIONALI, 
PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA 
PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI

Sala Clementina
Giovedì, 1° dicembre 2016
L’arricchimento personale e culturale permette ai giovani di inserirsi più facilmente nel mondo del lavoro, assicurandosi un posto nella comunità e diventandone parte integrante. Da parte sua, la società è chiamata ad offrire alle nuove generazioni valide opportunità occupazionali, evitando la cosiddetta “fuga di cervelli”. Che qualcuno scelga liberamente di andare a specializzarsi e a lavorare all’estero, è cosa buona e feconda; invece è doloroso che giovani preparati siano indotti ad abbandonare il proprio Paese perché mancano adeguate possibilità di inserimento.

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DISCORSO AI PARTECIPANTI ALLA RIUNIONE 
DELL'ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE RURALE CATTOLICA (I.C.R.A.)

Sala del Concistoro
Sabato, 10 dicembre 2016
(…) Sono contento per questo incontro, al termine del vostro convegno sui problemi del mondo rurale e soprattutto sulla realtà di quanti lavorano nell’agricoltura con impegno quotidiano. Un lavoro a volte molto faticoso, ma compiuto nella consapevolezza di fare qualcosa per gli altri, coltivando con passione la terra per garantirne i frutti, seguendo i cicli delle stagioni e affrontando i disagi dovuti ai cambiamenti climatici, purtroppo aggravati dalla negligenza umana.(…)

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DISCORSO ALLA COMUNITÀ DELL'OSPEDALE
PEDIATRICO BAMBINO GESÙ DI ROMA

Aula Paolo VI
Giovedì, 15 dicembre 2016

(…) Chiedevi quale dev’essere il marchio di fabbrica del “Bambin Gesù” oltre alle capacità professionali, certamente indispensabili. A un giovane cristiano che, come Luca, dopo gli studi si affaccia al mondo del lavoro – che deve essere aperto ai giovani, non solo al mercato – consiglierei due ingredienti. Il primo è mantenere vivi i sogni. I sogni non vanno mai anestetizzati, qui l’anestesia è vietata! Dio stesso, lo sentiremo nel Vangelo di domenica, comunica a volte attraverso dei sogni; ma soprattutto invita a realizzare sogni grandi, anche se difficili. Ci spinge a non fermarci nel fare il bene, a non spegnere mai il desiderio di vivere grandi progetti. Mi piace pensare che Dio stesso ha dei sogni, anche in questo momento, per ciascuno di noi. Una vita senza sogni non è degna di Dio, non è cristiana una vita stanca e rassegnata, dove ci si accontenta, si vivacchia senza entusiasmo, alla giornata.
Aggiungerei un secondo ingrediente, dopo i sogni: il dono. Tu Serena ci hai testimoniato la forza di chi dona. In fondo, si può vivere inseguendo due diversi obiettivi: mettendo al primo posto l’avere oppure il dare. Si può lavorare pensando soprattutto al guadagno, oppure cercando di dare il meglio di sé a vantaggio di tutti. Allora il lavoro, nonostante tutte le difficoltà, diventa un contributo al bene comune, a volte addirittura una missione. E siamo sempre davanti a questo bivio: da una parte fare qualcosa per i miei interessi, per il successo, per essere riconosciuto; dall’altra, seguire l’intuizione di servire, donare, amare. Spesso le due cose si mischiano, vanno insieme, ma è sempre importante riconoscere quale viene prima. Ogni mattina si può dire: ora devo andare là, fare questo lavoro, incontrare delle persone, affrontare dei problemi; ma voglio vivere questa giornata come vorrebbe il Signore: non come un peso – che poi pesa soprattutto sugli altri che mi devono sopportare – ma come un dono. È il mio turno per fare un po’ di bene, per portare Gesù, per testimoniare non a parole ma con le opere. Ogni giorno si può uscire di casa con il cuore un po’ chiuso in sé stesso, oppure con il cuore aperto, pronti a incontrare, a donare. Dà molta più gioia vivere con il cuore aperto che con il cuore chiuso! Siete d’accordo? Vi auguro allora un Natale così, da vivere col cuore aperto, conservando questo bello spirito di famiglia, e vi ringrazio tanto.

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PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI DELLA CURIA ROMANA
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Sala Clementina
Giovedì, 22 dicembre 2016
Cari fratelli e sorelle,
vorrei iniziare questo nostro incontro porgendo i miei cordiali auguri a tutti voi, Superiori, Officiali, Rappresentanti Pontifici e Collaboratori nelle Nunziature sparse nel mondo, a tutte le persone che prestano servizio nella Curia Romana, e ai vostri familiari. Auguri di un santo e sereno Natale e un felice anno nuovo 2017.
Contemplando il volto del Bambino Gesù, sant’Agostino esclamò: «Immenso nella natura divina, piccolo nella natura di servo»

[1]. Anche san Macario, monaco del IV secolo e discepolo di sant’Antonio abate, per descrivere il mistero dell’Incarnazione, ricorse al verbo greco smikruno, cioè farsi piccolo quasi riducendosi ai minimi termini: «Udite attentamente: l’infinito, inaccessibile e increato Dio per la sua immensa e ineffabile bontà ha preso un corpo e vorrei dire si è infinitamente diminuito dalla sua gloria»

[2].
Il Natale, quindi, è la festa dell’umiltà amante di Dio, del Dio che capovolge l’ordine del logicamente scontato, l’ordine del dovuto, del dialettico e del matematico. In questo capovolgimento sta tutta la ricchezza della logica divina che sconvolge la limitatezza della nostra logica umana (cfr Is 55,8-9). Scrive Romano Guardini: «Quale capovolgimento di tutti i valori familiari all’uomo – non solo umani, ma anche divini! Veramente questo Dio capovolge tutto ciò che l’uomo pretende di edificare da sé»

[3]. Nel Natale noi siamo chiamati a dire «sì», con la nostra fede, non al Dominatore dell’universo e neppure alle più nobili delle idee, ma proprio a questo Dio, che è l’umile-amante.
Il beato Paolo VI, nel Natale 1971, affermava: «Dio avrebbe potuto venire vestito di gloria, di splendore, di luce, di potenza, a farci paura, a farci sbarrare gli occhi dalla meraviglia. No, no! È venuto come il più piccolo degli esseri, il più fragile, il più debole. Perché questo? Ma perché nessuno avesse vergogna ad avvicinarlo, perché nessuno avesse timore, perché tutti lo potessero proprio avere vicino, andargli vicino, non avere più nessuna distanza fra noi e Lui. C’è stato da parte di Dio uno sforzo di inabissarsi, di sprofondarsi dentro di noi, perché ciascuno, dico ciascuno di voi, possa dargli del tu, possa avere confidenza, possa avvicinarlo, possa sentirsi da Lui pensato, da Lui amato … da Lui amato: guardate che questa è una grande parola! Se voi capite questo, se voi ricordate questo che vi sto dicendo, voi avete capito tutto il Cristianesimo»

[4].
In realtà, Dio ha scelto di nascere piccolo

[5]perché ha voluto essere amato

[6]. Ecco come la logica del Natale è il capovolgimento della logica mondana, della logica del potere, della logica del comando, della logica fariseistica e della logica causalistica o deterministica.
Proprio sotto questa luce soave e imponente del volto divino di Cristo bambino, ho scelto come argomento di questo nostro incontro annuale la riforma della Curia Romana. Mi è sembrato giusto e opportuno condividere con voi il quadro della riforma, evidenziando i criteri-guida, i passi compiuti, ma soprattutto la logica del perché di ogni passo realizzato e di ciò che verrà compiuto.
In verità, qui mi torna spontaneo alla memoria l’antico adagio che illustra la dinamica degli Esercizi Spirituali nel metodo ignaziano, ossia: deformata reformare, reformata conformare, conformata confirmare e confirmata transformare.
Non v’è dubbio che nella Curia il significato della ri-forma può essere duplice: anzitutto renderla con-forme alla Buona Novella che deve essere proclamata gioiosamente e coraggiosamente a tutti, specialmente ai poveri, agli ultimi e agli scartati; con-forme ai segni del nostro tempo e a tutto ciò che di buono l’uomo ha raggiunto, per meglio andare incontro alle esigenze degli uomini e delle donne che siamo chiamati a servire[7]; al tempo stesso si tratta di rendere la Curia più con-forme al suo fine, che è quello di collaborare al ministero proprio del Successore di Pietro[8] («cum Ipso consociatam operam prosequuntur», dice il Motu proprio Humanam progressionem), quindi di sostenere il Romano Pontefice nell’esercizio della sua potestà singolare, ordinaria, piena, suprema, immediata e universale[9].
Di conseguenza, la riforma della Curia Romana è ecclesiologicamente orientata in bonum et in servitium, come lo è il servizio del Vescovo di Roma

[10], secondo una significativa espressione di Papa san Gregorio Magno, ripresa dal capitolo terzo della costituzione Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I: «Il mio onore è quello della Chiesa universale. Il mio onore è la solida forza dei miei fratelli. Io mi sento veramente onorato, quando a ciascuno di loro non viene negato il dovuto onore»

[11].
Essendo la Curia non un apparato immobile, la riforma è anzitutto segno della vivacità della Chiesa in cammino, in pellegrinaggio, e della Chiesa vivente e per questo - perché vivente - semper reformanda

[12]reformanda perché è viva. E’ necessario ribadire con forza che la riforma non è fine a sé stessa, ma è un processo di crescita e soprattutto di conversione. La riforma, per questo, non ha un fine estetico, quasi si voglia rendere più bella la Curia; né può essere intesa come una sorta di lifting, di maquillage oppure di trucco per abbellire l’anziano corpo curiale, e nemmeno come una operazione di chirurgia plastica per togliere le rughe

[13]. Cari fratelli, non sono le rughe che nella Chiesa si devono temere, ma le macchie!
In questa prospettiva, occorre rilevare che la riforma sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini “rinnovati” e non semplicemente con “nuovi” uomini 

[14]. Non basta accontentarsi di cambiare il personale, ma occorre portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente, umanamente e professionalmente. La riforma della Curia non si attua in nessun modo con il cambiamento delle persone – che senz’altro avviene e avverrà

[15] – ma con la conversione nelle persone. In realtà, non basta una formazione permanente, occorre anche e soprattutto una conversione e una purificazione permanente. Senza un mutamento di mentalità lo sforzo funzionale risulterebbe vano

[16].
È per questa ragione che nei due nostri precedenti incontri natalizi mi sono soffermato, nel 2014, avendo a modello i Padri del deserto, su alcune “malattie”, e nel 2015, partendo dalla parola “misericordia”, su una sorta di catalogo delle virtù necessarie a chi presta servizio in Curia e a tutti coloro che vogliono rendere feconda la loro consacrazione o il loro servizio alla Chiesa. La ragione di fondo è che, come per tutta la Chiesa, anche nella Curia il semper reformanda deve trasformarsi in una personale e strutturale conversione permanente

[17].
Era necessario parlare di malattie e di cure perché ogni operazione, per raggiungere il successo, deve essere preceduta da approfondite diagnosi, da accurate analisi e deve essere accompagnata e seguita da precise prescrizioni.
In questo percorso risulta normale, anzi salutare, riscontrare delle difficoltà, che, nel caso della riforma, si potrebbero presentare in diverse tipologie di resistenze: le resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo ‎sincero; le resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti che si alimentano dalle parole vuote del “gattopardismo” spirituale di chi a parole si dice pronto al cambiamento, ma vuole che tutto resti come prima; ‎esistono anche le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive (spesso “in veste di agnelli”). Questo ultimo tipo di resistenza si nasconde dietro le parole giustificatrici ‎e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità, nel conosciuto, oppure nel voler portare ‎tutto sul personale senza distinguere tra l’atto, l’attore e l’azione

[18].‎
L’assenza di reazione è segno di morte! Quindi le resistenze buone – e perfino quelle meno buone – sono necessarie e meritano di essere ascoltate, accolte e incoraggiate a esprimersi, perché è un segno che il corpo è vivo.
Tutto questo sta a dire che la riforma della Curia è un delicato processo che deve essere vissuto con fedeltà all’essenziale, con continuo discernimento, con evangelico coraggio, con ecclesiale saggezza, con attento ascolto, con tenace azione, con positivo silenzio, con ferme decisioni, con tanta preghiera - tanta preghiera! -, con profonda umiltà, con chiara lungimiranza, con concreti passi in avanti e – quando risulta necessario – anche con passi indietro, con determinata volontà, con vivace vitalità, con responsabile potestà, con incondizionata obbedienza; ma in primo luogo con l’abbandonarci alla sicura guida dello Spirito Santo, confidando nel Suo necessario sostegno. E, per questo, preghiera, preghiera e preghiera.
ALCUNI CRITERI GUIDA DELLA RIFORMA:
Sono principalmente dodici: individualità; pastoralità; missionarietà; razionalità; funzionalità; modernità; sobrietà; sussidiarietà; sinodalità; cattolicità; professionalità; gradualità.
1- Individualità (Conversione personale)
Torno a ribadire l’importanza della conversione individuale senza la quale saranno inutili tutti i cambiamenti nelle strutture. La vera anima della riforma sono gli uomini che ne fanno parte e la rendono possibile. Infatti, la conversione personale supporta e rafforza quella comunitaria.
Esiste un forte legame di interscambio tra l’atteggiamento personale e quello comunitario. Una sola persona può portare tanto bene a tutto il corpo o potrebbe danneggiarlo e farlo ammalare. E un corpo sano è quello che sa recuperare, accogliere, fortificare, curare e santificare le proprie membra.
2- Pastoralità (Conversione pastorale) 
Richiamando l’immagine del pastore (cfr Ez 34,16; Gv 10,1-21) ed essendo la Curia una comunità di servizio, «fa bene anche a noi, chiamati ad essere Pastori nella Chiesa, lasciare che il volto di Dio Buon Pastore ci illumini, ci purifichi, ci trasformi e ci restituisca pienamente rinnovati alla nostra missione. Che anche nei nostri ambienti di lavoro possiamo sentire, coltivare e praticare un forte senso pastorale, anzitutto verso le persone che incontriamo tutti i giorni. Che nessuno si senta trascurato o maltrattato, ma ognuno possa sperimentare, prima di tutto qui, la cura premurosa del Buon Pastore»

[19]. Dietro le carte ci sono persone.
L’impegno di tutto il personale della Curia deve essere animato da una pastoralità e da una spiritualità di servizio e di comunione, poiché questo è l’antidoto contro tutti i veleni della vana ambizione e dell’illusoria rivalità. In questo senso il beato Paolo VI ammonì: «Non sia pertanto la Curia Romana una burocrazia, come a torto qualcuno la giudica, pretenziosa ed apatica, solo canonistica e ritualistica, una palestra di nascoste ambizioni e di sordi antagonismi, come altri la accusano; ma sia una vera comunità di fede e di carità, di preghiera e di azione; di fratelli e di figli del Papa, che tutto fanno, ciascuno con rispetto all’altrui competenza e con senso di collaborazione, per servirlo nel suo servizio ai fratelli ed ai figli della Chiesa universale e della terra intera»

[20].
3- Missionarietà

[21] (Cristocentrismo)
È il fine principale di ogni servizio ecclesiastico ossia quello di portare il lieto annuncio a tutti i confini della terra

[22], come ci ricorda il magistero conciliare, perché «ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore; ugualmente, le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza fedeltà della Chiesa alla propria vocazione, qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo»

[23].
4- Razionalità
Sulla base del principio che tutti i Dicasteri sono giuridicamente pari tra loro, risultava necessaria una razionalizzazione degli organismi della Curia Romana

[24], per evidenziare che ogni Dicastero ha competenze proprie. Tali competenze devono essere rispettate ma anche distribuite con razionalità, con efficacia ed efficienza. Nessun Dicastero, dunque, può attribuirsi la competenza di un altro Dicastero, secondo quanto fissato dal diritto, e d’altra parte tutti i Dicasteri fanno riferimento diretto al Papa.
5- Funzionalità
L’eventuale accorpamento
di due o più Dicasteri competenti su materie affini o in stretta relazione in un unico Dicastero serve per un verso a dare al medesimo Dicastero una rilevanza maggiore (anche esterna); per altro verso la contiguità e l’interazione di singole realtà all’interno di un unico Dicastero aiuta ad avere una maggiore funzionalità (ne sono esempio i due attuali nuovi Dicasteri di recente istituzione)

[25].
La funzionalità richiede anche la revisione continua dei ruoli e dell’attinenza delle competenze e delle responsabilità del personale e conseguentemente l’effettuazione di spostamenti, di assunzioni, di interruzioni e anche di promozioni.
6- Modernità ‎(Aggiornamento)
Ossia la capacità di leggere e di ascoltare i “segni dei tempi”. ‎ In questo senso, «provvediamo sollecitamente a che i Dicasteri della Curia Romana ‎siano conformati alle situazioni del nostro tempo e si adattino alle necessità della Chiesa universale»

[26]. Ciò era richiesto dal Concilio Vaticano II: «I Dicasteri della Curia Romana siano organizzati in modo conforme alle ‎necessità dei tempi, dei paesi e dei riti, specialmente per quanto riguarda il loro numero, il loro ‎nome, le loro competenze, i loro metodi di lavoro ed il coordinamento delle loro attività»

[27]. ‎
7- Sobrietà
In questa prospettiva sono necessari una semplificazione e uno snellimento della Curia: accorpamento o fusione di Dicasteri secondo materie di competenza e semplificazione interna di singoli Dicasteri; eventuali soppressioni di Uffici che non risultano più rispondenti alle necessità contingenti. Inserimento nei Dicasteri o riduzione delle commissioni, accademie, comitati ecc., tutto in vista della indispensabile sobrietà necessaria per una corretta e autentica testimonianza.
8- Sussidiarietà
Riordinamento di competenze specifiche dei diversi Dicasteri, spostandole, se necessario, da un Dicastero ad un altro, per raggiungere l’autonomia, il coordinamento e la sussidiarietà nelle competenze e l’interconnessione nel servizio.
In questo senso, risulta anche necessario il rispetto dei principi della sussidiarietà e della razionalizzazione nel rapporto con la Segreteria di Stato e all’interno della stessa – tra le sue diverse competenze – affinché nell’adempimento delle proprie mansioni essa sia l’aiuto diretto e più immediato del Papa

[28]. Ciò anche per un migliore coordinamento dei vari settori dei Dicasteri e degli Uffici della Curia. La Segreteria di Stato potrà espletare questa sua importante funzione proprio nella realizzazione dell’unità, dell’interdipendenza e del coordinamento delle sue sezioni e dei suoi diversi settori.
9- Sinodalità
Il lavoro della Curia dev’essere sinodale: abituali le riunioni dei Capi Dicastero, presiedute dal Romano Pontefice

[29]; regolari udienze “di tabella” dei Capi Dicastero; consuete riunioni interdicasteriali. La riduzione del numero dei Dicasteri permetterà incontri più frequenti e sistematici dei singoli Prefetti con il Papa ed efficaci riunioni dei Capi dei Dicasteri, visto che non possono essere tali quelle di un gruppo troppo numeroso.
La sinodalità

[30]
dev’essere vissuta anche all’interno di ogni Dicastero, dando particolare rilevanza al Congresso e maggiore frequenza almeno alla Sessione ordinaria. All’interno di ogni Dicastero è da evitare la frammentazione che può essere determinata da vari fattori, come il moltiplicarsi di settori specializzati, i quali possono tendere ad essere autoreferenziali. Il coordinamento tra di essi dovrebbe essere compito del Segretario o del Sotto-Segretario.
10- Cattolicità
Tra i collaboratori, oltre ai sacerdoti e consacrati/e, la Curia deve rispecchiare la cattolicità della Chiesa con l’assunzione di personale proveniente da tutto il mondo, di diaconi permanenti e fedeli laici e laiche, la cui scelta dev’essere attentamente effettuata sulla base della loro ineccepibile vita spirituale e morale e della loro competenza professionale. È opportuno prevedere l’accesso a un numero maggiore di fedeli laici specialmente in quei Dicasteri dove possono essere più competenti dei chierici o dei consacrati. Di grande importanza è inoltre la valorizzazione del ruolo della donna e dei laici nella vita della Chiesa e la loro integrazione nei ruoli-guida dei Dicasteri, con una particolare attenzione alla multiculturalità.
11- Professionalità
È indispensabile che ogni Dicastero adotti una politica di formazione permanente del personale, per evitare l’“arrugginirsi” e il cadere nella routine del funzionalismo.
Dall’altra parte, è indispensabile l’archiviazione definitiva della pratica del promoveatur ut amoveatur. Questo è un cancro.
12- Gradualità (Discernimento)
La gradualità è il frutto dell’indispensabile discernimento che implica processo storico, scansione di tempi e di tappe, verifica, correzioni, sperimentazione, approvazioni ad experimentum. Dunque, in questi casi non si tratta di indecisione ma della flessibilità necessaria per poter raggiungere una vera riforma.
ALCUNI PASSI COMPIUTI

[31]
Menziono brevemente e limitatamente alcuni passi realizzati, in attuazione dei criteri-guida, delle raccomandazioni espresse dai Cardinali durante le Riunioni plenarie prima del Conclave, dalla COSEA, dal Consiglio di Cardinali, nonché dai Capi Dicastero e da altre persone ed esperti.
Il 13 aprile 2013 è stato annunciato il Consiglio dei Cardinali (Consilium Cardinalium Summo Pontifici) – il cosiddetto C8 diventato C9 a partire dal 1° luglio 2014 – primariamente per consigliare il Papa nel governo della Chiesa universale e su altri temi relativi

[32], e anche con il compito specifico di proporre la revisione della Costituzione Apostolica Pastor Bonus

[33].
- Con il Chirografo del 24 giugno 2013 è stata eretta la Pontificia Commissione Referente sull’Istituto per le Opere di Religione, per conoscere in modo più approfondito la posizione giuridica dello Ior e permettere una sua migliore «armonizzazione» con «la missione universale della Sede Apostolica». Il tutto per «consentire ai principi del Vangelo di permeare anche le attività di natura economica e finanziaria» e per raggiungere una completa e riconosciuta trasparenza nel suo operato.
- Con il Motu Proprio dell’11 luglio 2013 si è provveduto a delineare la giurisdizione degli organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano in materia penale.
- Con il Chirografo del 18 luglio 2013 si è istituita la COSEA (Pontificia commissione referente di studio e di indirizzo sull'organizzazione della struttura economico-amministrativa)

[34], con il compito di studiare, di analizzare e di raccogliere informazioni, in cooperazione con il Consiglio dei Cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede.
- Con il Motu Proprio dell’8 agosto 2013 è stato istituito il Comitato di Sicurezza Finanziaria della Santa Sede, per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo e della proliferazione di armi di distruzione di massa. Il tutto per portare lo IOR e tutto il sistema economico vaticano all’adottamento regolare e all’adempimento completo, con impegno e diligenza, di tutte le leggi standard internazionali sulla trasparenza finanziaria

[35].
- Con il Motu Proprio del 15 novembre 2013 è stata consolidata l’Autorità di Informazione Finanziaria (A.I.F.)

[36], istituita da Benedetto XVI con Motu Proprio del 30 dicembre 2010 per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario e monetario

[37].
Con il Motu Proprio del 24 febbraio 2014 (Fidelis dispensator et prudens) sono state erette la Segreteria per l’Economia e il Consiglio per l’Economia

[38], in sostituzione del Consiglio dei 15 Cardinali, con il compito di armonizzare le politiche di controllo riguardo alla gestione economica della Santa Sede e della Città del Vaticano.
- Con lo stesso Motu proprio (Fidelis dispensator et prudens) del 24 febbraio 2014 è stato eretto l’Ufficio del Revisore Generale (URG), quale nuovo ente della Santa Sede incaricato di compiere la revisione (audit) dei Dicasteri della Curia Romana, delle istituzioni collegate alla Santa Sede – o che fanno riferimento ad essa – e delle amministrazioni del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano

[39].
- Con Chirografo del 22 marzo 2014 è stata istituita la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori per «promuovere la tutela della dignità dei minori e degli adulti vulnerabili, attraverso le forme e le modalità, consone alla natura della Chiesa, che si ritengano più opportune».
- Con il Motu Proprio dell’8 luglio 2014 è stata trasferita la Sezione Ordinaria dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica alla Segreteria per l’Economia.
- Il 22 febbraio 2015 sono stati approvati gli Statuti dei nuovi Organismi Economici.
- Con il Motu Proprio del 27 giugno 2015 è stata eretta la Segreteria per la Comunicazione con il compito di «rispondere all’attuale contesto comunicativo, caratterizzato dalla presenza e dallo sviluppo dei media digitali, dai fattori della convergenza e dell’interattività» e anche di ristrutturare complessivamente, attraverso un processo di riorganizzazione e di accorpamento, «tutte le realtà che, in diversi modi, fino ad oggi, si sono occupate della comunicazione», al fine di «rispondere sempre meglio alle esigenze della missione della Chiesa».
Il 6 settembre 2016 è stato promulgato lo Statuto della Segreteria per la Comunicazione, entrato in vigore lo scorso ottobre

[40].
- Con i due Motu Proprio del 15 agosto 2015 si è provveduto alla riforma del processo canonico ‎per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio: ‎Mitis et misericors Iesus, nel Codice dei ‎Canoni delle Chiese Orientali; Mitis Iudex Dominus Iesus, nel Codice di ‎Diritto Canonico

[41]. ‎
Con il Motu Proprio del 4 giugno ‎‎2016 (Come una madre amorevole) si è voluto prevenire alla negligenza dei Vescovi nell’esercizio del loro ufficio, in particolare ‎relativamente ai casi di abusi sessuali compiuti su minori e adulti vulnerabili.‎
- Con il Motu Proprio del 4 luglio 2016 (I beni temporali), seguendo come regola di massima importanza che gli organismi di vigilanza siano separati da quelli vigilati, sono stati meglio delineati i rispettivi ambiti di competenza della Segreteria per l’Economia e dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.
Con il Motu Proprio del 15 agosto 2016 (Sedula Mater) è stato costituito il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, richiamando anzitutto la finalità pastorale generale del ministero petrino: «Ci adoperiamo prontamente a disporre ogni cosa perché le ricchezze di Cristo Gesù si riversino appropriatamente e con profusione tra i fedeli».
- Con il Motu Proprio del 17 agosto 2016 (Humanam progressionem) è stato costituito il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, affinché lo sviluppo si attui «mediante la cura per i beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato». In questo Dicastero confluiranno, dal 1°gennaio 2017, quattro Pontifici Consigli: Giustizia e Pace, Cor Unum, Pastorale dei migranti e Operatori sanitari. Mi occuperò direttamente ad tempus della sezione per la pastorale dei migranti e rifugiati di tale nuovo Dicastero

[42].
Il 18 ottobre 2016 è stato approvato lo Statuto della Pontificia Accademia per la Vita‎.
Questo nostro incontro è iniziato parlando del significato del Natale come capovolgimento dei nostri criteri umani per evidenziare che il cuore e il centro della riforma è Cristo (Cristocentrismo).
Vorrei concludere semplicemente con una parola e con una preghiera. La parola è quella di ribadire che il Natale è la festa dell’umiltà amante di Dio. Per la preghiera, ho scelto l’invocazione natalizia di Padre Matta el Meskin (monaco contemporaneo), che rivolgendosi al Signore Gesù, nato a Betlemme, così si esprime: «Se per noi l’esperienza dell’infanzia è cosa difficile, per te non lo è, Figlio di Dio. Se inciampiamo sulla via che porta alla comunione con te secondo questa piccola statura, tu sei capace di togliere tutti gli ostacoli che ci impediscono di fare questo. Sappiamo che non avrai pace finché non ci troverai secondo la tua somiglianza e con questa statura. Permettici oggi, Figlio di Dio, di avvicinarci al tuo cuore. Donaci di non crederci grandi nelle nostre esperienze. Donaci, invece, di diventare piccoli come te affinché possiamo esserti vicini e ricevere da te umiltà e mitezza in abbondanza. Non ci privare della tua rivelazione, l’epifania della tua infanzia nei nostri cuori, affinché con essa possiamo curare ogni orgoglio e ogni arroganza. Abbiamo estremo bisogno […] che tu riveli in noi la tua semplicità avvicinando noi, anzi la Chiesa e il mondo tutto, a te. Il mondo è stanco e sfinito perché fa a gara a chi è il più grande. C’è una concorrenza spietata tra governi, tra Chiese, tra popoli, all'interno delle famiglie, tra una parrocchia e un'altra: chi è il più grande tra di noi? Il mondo è piagato da ferite dolorose perché il suo grande morbo è: chi è il più grande? Ma oggi abbiamo trovato in te il nostro unico medicamento, Figlio di Dio. Noi e il mondo tutto non troveremo né salvezza né pace, se non torniamo a incontrarti di nuovo nella mangiatoia di Betlemme. Amen»

[43].
Grazie, e vi auguro un santo Natale e un felice anno nuovo 2017!
Ha poi aggiunto "a braccio"]
Quando, due anni fa, ho parlato delle malattie, uno di voi è venuto a dirmi: “Dove devo andare, in farmacia o a confessarmi?” – “Mah, tutt’e due”, ho detto io. E quando ho salutato il Cardinale Brandmüller, lui mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: “Acquaviva!”. Io, al momento, non ho capito, ma poi, pensando, pensando, ho ricordato che Acquaviva, quinto generale della Compagnia di Gesù, aveva scritto un libro che noi studenti leggevamo in latino, i padri spirituali ce lo facevano leggere, si chiamava così: Industriae pro Superioribus ejusdem Societatis ad curandos animae morbos, cioè le malattie dell’anima. Tre mesi fa è uscita una edizione molto buona in italiano, fatta dal padre Giuliano Raffo, morto recentemente; con un buon prologo che indica come si deve leggere, e anche una buona introduzione. Non è un’edizione critica, ma la traduzione è bellissima, ben fatta e credo che possa aiutare. Come dono di Natale, mi piacerebbe offrirlo ad ognuno di voi. Grazie.

 

 

 

 

 

[1] Sermo 187,1: PL 38,1001: «Magnus dies angelorum, parvus in die hominum … magnus in forma Dei, brevis in forma servi».

[2] Hom. IV, 9: PG 34, 480.

[3] Il Signore, Milano 1977, 404.

[4] Omelia
del 25 dicembre 1971.

[5] Cfr San Pietro Crisologo, Sermo
118: PL 52, 617.

[6] Santa Teresa di Gesù Bambino – l’innamorata della piccolezza di Gesù – nell’ultima sua lettera, del 25 agosto 1897, indirizzata a un sacerdote che le era stato affidato come “fratello spirituale”, scrisse: «Non posso temere un Dio che per me si è fatto così piccolo! Io lo amo! Infatti egli non è che amore e misericordia» (LT 266: Opere complete, Roma 1997, 606).

[7] Cfr Lettera apostolica in forma di Motu proprio con la quale si istituisce il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, 17 agosto 2016.

[8] La Curia Romana ha la funzione di aiutare il Papa nel suo governo quotidiano della Chiesa, ossia nei suoi compiti propri che sono: a) conservare tutti i fedeli «nel vincolo di una sola fede e della carità» e anche «nell’unità della fede e della comunione»; b) «perché l’episcopato fosse uno e indiviso» (Conc. Vat. I, Cost. dogm. Pastor aeternus, Prologo). «Questo santo Sinodo, sull’esempio del Concilio Vaticano primo, insegna e dichiara che Gesù Cristo, Pastore eterno, ha edificato la Santa Chiesa e ha mandato gli apostoli, come egli stesso era stato mandato dal Padre (cfr Gv 20,21), e ha voluto che i loro successori, cioè i vescovi, fossero nella sua Chiesa pastori fino alla fine dei secoli. Affinché poi lo stesso episcopato fosse uno e indiviso, prepose agli altri apostoli il beato Pietro e in lui stabilì il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell'unità di fede e di comunione» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 18).

[9] Difatti il Concilio Vaticano II, riguardo alla Curia Romana, spiega che «nell'esercizio della sua suprema, piena ed immediata potestà sopra tutta la Chiesa, il romano Pontefice si avvale dei dicasteri della curia romana, che perciò compiono il loro lavoro nel suo nome e nella sua autorità, a vantaggio delle Chiese e al servizio dei sacri pastori» (Decr. Christus Dominus, 9). Così, ci ricorda, anzitutto, che la Curia è un organismo di aiuto per il Papa, e precisa al tempo stesso che il servizio degli organismi della Curia Romana è sempre svolto nomine et auctoritate del medesimo Romano Pontefice. È per questo che l’attività della Curia viene adempiuta in bonum Ecclesiarum et in servitium Sacrorum Pastorum, cioè orientata sia verso il bene delle Chiese particolari, sia al sostegno dei loro Vescovi. Le Chiese particolari sono «formate ad immagine della Chiesa universale, ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica una e unica» (Lumen gentium, 23).

[10] «È, del resto, simile accordo fra il Papa e la Sua Curia una norma costante. Non solo nelle grandi ore della storia tale accordo rivela la sua esistenza e la sua forza; ma sempre esso vige, in ogni giorno, in ogni atto del ministero pontificio, come conviene all’organo d’immediata aderenza e di assoluta obbedienza, del quale il Romano Pontefice si serve per esplicare la Sua universale missione. Ed è questo rapporto essenziale della Curia Romana con l’esercizio dell’attività apostolica del Papa la giustificazione, anzi la gloria della Curia stessa, risultando dal rapporto medesimo la sua necessità, la sua utilità, la sua dignità e la sua autorità; infatti è la Curia Romana lo strumento di cui il Papa ha bisogno, e di cui il Papa si serve per svolgere il proprio divino mandato. Uno strumento degnissimo, a cui non è meraviglia se da tutti e da Noi stessi per primi, tanto si domanda, tanto si esige! La sua funzione reclama capacità e virtù somme, perché appunto è sommo l’ufficio suo. Funzione delicatissima, qual è quella d’essere custode o eco delle divine verità e di farsi linguaggio e dialogo con gli spiriti umani; funzione vastissima, qual è quella che ha per confine l’orbe universo; funzione nobilissima, qual è quella di ascoltare e di interpretare la voce del Papa e al tempo stesso di non lasciar a Lui mancare ogni utile ed obbiettiva informazione, ogni filiale e ponderato consiglio» (Paolo VI, Discorso alla Curia Romana, 21 settembre 1963).

[11] Ep. ad Eulog. Alexandrin., epist. 30: PL 77, 933. La Curia Romana «trae dal pastore della Chiesa universale la propria esistenza e competenza. In effetti, essa in tanto vive e opera, in quanto è in relazione col ministero petrino e su di esso si fonda»
(Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor Bonus, Introd. n. 7; cfr art. 1).

[12] La storia attesta che la Curia Romana è in stato di permanente “riforma”, almeno negli ultimi cento anni. «Quella, infatti, annunciata il 13 aprile 2013 col comunicato della Segreteria di Stato giunge come quarta a cominciare da quella attuata da san Pio X con la costituzione Sapienti Consilio del 1908. Questa riforma si rendeva certo urgente nella prospettiva del nuovo ordinamento canonico, già in preparazione; più ancora, tuttavia, si mostrava necessaria già per la fine del potere temporale. La seguì quella realizzata dal beato Paolo VI con la Regiminis Ecclesiae Universae (1967),
seguita alla celebrazione del Concilio Vaticano II. Lo stesso Papa aveva previsto un riesame del testo alla luce di una prima sperimentazione. Nel 1988 giunse la costituzione Pastor Bonus di san Giovanni Paolo II, che nell’impianto generale seguiva lo schema montiniano, ma inserisce una diversa classificazione dei diversi organismi e delle loro competenze in sintonia col CIC 1983. All’interno di questi passaggi fondamentali, si registrano altri importanti interventi. Benedetto XV, ad esempio, creò e inserì tra le Congregazioni romane quella per i Seminari (fino a quel momento sezione all’interno della Congregazione Concistoriale) e le Università degli Studi (1915) e l’altra per le Chiese Orientali (1917: in precedenza era costituita come sezione nella S. Congregatio de Propaganda Fide). Giovanni Paolo II fece dei cambiamenti nell’organizzazione curiale anche successivamente a Pastor Bonus e, dopo di lui, significativi interventi li fece pure Benedetto XVI: si pensi all’istituzione del
Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione (2010), al trasferimento delle competenze sui Seminari dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica a quella per il Clero e della competenza sulla Catechesi da quest’ultima al Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione (2013). A ciò si aggiungeranno gli altri interventi di semplificazione, messi a punto nel corso degli anni e alcuni attivi sino ad oggi, con l’unificazione di più Dicasteri sotto un’unica presidenza» (Marcello Semeraro, La riforma di Papa Francesco, Il Regno, Anno LXI, n. 1240 - 15 luglio 2016, pp. 433 – 441).

[13] In questo senso Paolo VI, il 21 settembre 1963, parlando alla Curia Romana, disse: «E’ spiegabile come tale ordinamento sia aggravato dalla sua stessa venerabile età, come risenta la disparità dei suoi organi e della sua prassi rispetto alle necessità e agli usi dei nuovi tempi, come senta al tempo stesso il bisogno di semplificarsi e decentrarsi e quello di allargarsi e abilitarsi a nuove funzioni».

[14] Paolo VI, il 22 febbraio 1975, in occasione del Giubileo della Curia Romana, disse: «Noi siamo la Curia Romana, […] questa nostra coscienza, che vogliamo chiarissima non soltanto nella sua definizione canonica, ma anche nel suo contenuto morale e spirituale, impone a ciascuno di noi un atto penitenziale conforme alla disciplina propria del giubileo, atto che possiamo chiamare di autocritica per verificare, nel segreto dei nostri cuori, se il nostro comportamento corrisponde all’ufficio che ci è affidato. Ci stimola a questo interiore confronto innanzi tutto la coerenza della nostra vita ecclesiale, e poi l’analisi, che tanto la Chiesa, quanto la società fanno sul nostro conto, con esigenza spesso non obiettiva e tanto più severa quanto più rappresentativa è questa nostra posizione, dalla quale dovrebbe sempre irradiare un’esemplarità ideale […]. Due sentimenti spirituali perciò daranno senso e valore alla nostra celebrazione giubilare: un sentimento di sincera umiltà, che vuol dire verità su noi stessi, dichiarandoci per primi bisognosi della misericordia di Dio» (Insegnamenti di Paolo VI, XIII [1975], pp. 172-176).

[15] In questo senso, il susseguirsi delle generazioni fa parte della vita e guai a noi se pensiamo o se viviamo dimenticando questa verità. Quindi, l’alternanza delle persone è normale, necessaria e auspicabile.

[16] Benedetto XVI, ispirandosi a una visione di santa Ildegarda di Bingen, durante il suo Discorso alla Curia del 20 dicembre 2010 ricordò che lo stesso volto della Chiesa purtroppo può essere «coperto di polvere» e «il suo vestito strappato». E per questo ho ricordato a mia volta che la guarigione «è anche frutto della consapevolezza della malattia e della decisione personale e comunitaria di curarsi sopportando pazientemente e con perseveranza la cura» (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2014).

[17] Si tratta di intendere la riforma come una trasformazione, ossia un mutamento in avanti, un miglioramento: mutare/commutare in melius.

[18] Cfr Omelia, Domus Sanctae Marthae, 1° dicembre 2016.

[19] Omelia in occasione del Giubileo della Curia Romana, 22 febbraio 2016; cfr Discorso di inaugurazione dei lavori del Concistoro, 12 febbraio 2015.

[20] Paolo VI, Discorso alla Curia Romana, 21 settembre 1963.

[21] ‎‎«Il mandato d’evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa, compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società ‎attuale non rendono meno urgenti. Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, […] ‎ la comunità dei cristiani non è mai chiusa in se stessa. In essa la vita intima — la vita di ‎preghiera, l’ascolto della Parola e dell’insegnamento degli Apostoli, la carità fraterna vissuta, il ‎pane spezzato — non acquista tutto il suo significato se non quando essa diventa testimonianza, provoca l’ammirazione e la conversione, si fa predicazione e annuncio della Buona Novella. Così tutta la Chiesa riceve la missione di evangelizzare, e l’opera di ciascuno è ‎importante per il tutto» (Id., Esort. ap. Evangelii Nuntiandi, 14-15). «Non possiamo più rimanere tranquilli, in attesa passiva, dentro le nostre chiese, è necessario passare da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 15).

[22] Non bisogna perdere la tensione per l’annuncio a coloro che sono lontani da Cristo, perché questo è il primo compito della Chiesa (cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 34).

[23] Esort. ap. Evangelii gaudium, 26. «Sogno una scelta missionaria [= missione paradigmatica] capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale [= missione programmatica] diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione» (ibid., 27). In questo senso, «ciò che fa cadere le strutture caduche, ciò che porta a cambiare i cuori dei cristiani, è precisamente la missionarietà», poiché «la missione programmatica, come indica il suo nome, consiste nella realizzazione di atti di indole missionaria. La missione paradigmatica, invece, implica il porre in chiave missionaria le attività abituali delle Chiese particolari» (Discorso ai Vescovi responsabili del CELAM, Rio de Janeiro, 28 luglio 2013).

[24] Cfr Paolo VI, Cost. ap. Regimini Ecclesiae universae art. 1 §2; Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor Bonus
art. 2 §2.

[25] «È da Roma oggi che parte l’invito all‘«aggiornamento» […], cioè al perfezionamento d’ogni cosa, interna ed esterna, della Chiesa. Roma papale oggi è ben altra, e, per grazia di Dio, tanto più degna e più saggia e più santa; tanto più cosciente della sua vocazione evangelica, tanto più impegnata nella sua missione cristiana, tanto più desiderosa, suscettibile, perciò, di perenne rinnovamento» (Paolo VI, Discorso alla Curia Romana, 21 settembre 1963).

[26] Motu proprio Sedula Mater, 15 agosto 2016.

[27] Decr. Christus ‎Dominus, 9.

[28] Tra le funzioni del Segretario di Stato, quale primo collaboratore del Sommo Pontefice nell’esercizio della sua suprema missione ed esecutore delle scelte che il Papa fa con l’aiuto degli organi di consultazione, dovrebbe essere preminente la periodica e frequente riunione con i Capi Dicastero. In ogni caso sono di primaria necessità il coordinamento e la collaborazione dei Dicasteri tra di loro e con gli altri Uffici.

[29] Cfr Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor Bonus, 22.

[30] Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto (cfr Discorso per la commemorazione del 50° dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015; Esort. ap. Evangelii gaudium, 171). Tappe dell’ascolto per la riforma della Curia sono state: 1. Raccolta di pareri nell’estate 2013: dai Capi Dicastero e altri; dai Cardinali del Consiglio; da singoli Vescovi e Conferenze Episcopali dell’area territoriale di provenienza; 2. Riunione dei Capi Dicastero del 10 settembre 2013 e del 24 novembre 2014; 3. Concistoro del 12-13 febbraio 2015; 4. Lettera del Consiglio dei Cardinali ai Capi Dicastero del 17 settembre 2014 per eventuali “decentramenti”; 5. Interventi di singoli Capi Dicastero nelle riunioni del Consiglio dei Cardinali per richiesta di proposte e pareri per la riforma del singolo Dicastero (cfr. Marcello Semeraro, La riforma di Papa Francesco, Il Regno, pp. 433 – 441).

[31] Per approfondire i passi compiuti, le ragioni e gli scopi del processo di riforma si raccomanda di riferirsi in particolare alle tre Lettere Apostoliche in forma di Motu proprio con cui si è intervenuto sino ad oggi per la creazione, la variazione e la soppressione di alcuni Dicasteri della Curia Romana.

[32] Il ritmo del lavoro vede impegnati i membri del Consiglio al mattino e al pomeriggio, per un totale ad oggi di 93 riunioni.

[33] Le sessioni di lavoro del Consiglio sono state fino ad oggi più di sedici (in media, una ogni due mesi), così scandite nel tempo: I.‎ Sessione: 1 – 3 ottobre 2013‎; II.‎ Sessione: 3 – 5 dicembre 2013‎; III; Sessione: 17 – 19 febbraio 2014‎; IV.‎ Sessione: 28 – 30 aprile 2014‎; V.‎ Sessione: 1 – 4 luglio 2014‎; VI.‎ Sessione: 15 – 17 settembre 2014‎; VII.‎ Sessione: 9 – 11 dicembre 2014‎; VIII‎ Sessione: 9 – 11 febbraio 2015‎; IX‎ Sessione: 13 – 15 marzo 2015‎; X‎ Sessione: 8 – 10 giugno 2015‎; XI‎ Sessione: 14 – 16 settembre 2015‎; XII‎ Sessione: 10 – 12 dicembre 2015‎; XIII‎ Sessione: 8 – 9 febbraio 2016‎; XIV‎ Sessione: 11 – 13 aprile 2016‎; XV Sessione: 6 – 8 giugno 2016‎; XVI‎ Sessione:‎ 12 – 14 settembre 2016‎; XVII Sessione:‎ ‎12 – 14 dicembre 2016.‎

[34] Eretta il 18 luglio 2013 e soppressa il 22 maggio 2014, con la funzione di offrire il supporto tecnico della consulenza specialistica ed elaborare soluzioni strategiche di miglioramento, atte a evitare dispendi di risorse economiche, a favorire la trasparenza nei processi di acquisizione di beni e servizi, a perfezionare l’amministrazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, a operare con sempre maggiore prudenza in ambito finanziario, ad assicurare una corretta applicazione dei principi contabili e a garantire assistenza sanitaria e previdenza sociale a tutti gli aventi diritto: «ad una semplificazione e razionalizzazione degli Organismi esistenti ed ad una più attenta programmazione delle attività economiche di tutte le Amministrazioni vaticane» (Chirografo del 18 luglio 2013).

[35] Ad es. le Raccomandazioni elaborate dal Gruppo d'Azione Finanziaria Internazionale (GAFI). Oggi l’attività dello IOR risulta pienamente conforme alla normativa vigente nello Stato della Città del Vaticano in materia di antiriciclaggio e lotta al finanziamento del terrorismo vigente nello Stato della Città del Vaticano.

[36] L'A.I.F. è «una Istituzione collegata con la Santa Sede» che «svolge, in piena autonomia e indipendenza, le seguenti funzioni: a) vigilanza e regolamentazione a fini prudenziali degli enti che svolgono professionalmente un’attività di natura finanziaria; b) vigilanza e regolamentazione al fine della prevenzione e del contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; c) informazione finanziaria» (Statuto dell’AIF, Tit. 1, Art. 1 e 2).

[37] L’A.I.F. è stata istituita anche
per rinnovare l’impegno della Santa Sede nell’adottare i principi e adoperare gli strumenti giuridici sviluppati dalla Comunità internazionale, adeguando ulteriormente l’assetto istituzionale al fine della prevenzione e del contrasto del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo e della proliferazione delle armi di distruzione di massa.

[38] Il Consiglio per l’Economia ha il «compito di sorvegliare la gestione economica e di vigilare sulle strutture e sulle attività amministrative e finanziarie dei dicasteri della Curia romana, delle istituzioni collegate con la Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano» (Motu Proprio Fidelis dispensator et prudens, 1).

[39] L’Ufficio del Revisore Generale opera in piena autonomia e indipendenza d’accordo con la legislazione vigente e con il proprio Statuto, riportando direttamente al Sommo Pontefice. Sottopone al Consiglio per l’Economia un programma annuale di revisione nonché una relazione annuale delle proprie attività. Obiettivo del programma di revisione è quello di individuare le più importanti aree gestionali e organizzative potenzialmente foriere di rischi. L'Ufficio del Revisore Generale è l'istituzione che svolge la revisione contabile dei Dicasteri della Curia Romana, delle Istituzioni collegate con la Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. L'attività dell'URG persegue l'obiettivo di fornire pareri professionali e indipendenti, in merito all'adeguatezza delle procedure contabili e amministrative (sistema di controllo interno) e la loro effettiva applicazione (compliance audit), nonché l'attendibilità dei bilanci dei singoli Dicasteri e Consolidato (financial audit) e la regolarità nell'utilizzo delle risorse finanziarie e materiali (value for money audit).

[40] «L’attuale contesto comunicativo, caratterizzato dalla presenza e dallo sviluppo dei media digitali, dai fattori della convergenza e dell’interattività, richiede un ripensamento del sistema informativo della Santa Sede e impegna ad una riorganizzazione che, valorizzando quanto nella storia si è sviluppato all’interno dell’assetto della comunicazione della Sede Apostolica, proceda decisamente verso una integrazione e gestione unitaria» (Statuto della Segreteria per la Comunicazione, Preambolo).

[41] Con il Motu Proprio del 31 maggio 2016 De concordia inter Codices sono state mutate alcune norme del Codice di Diritto Canonico.‎

[42] «Tale Dicastero sarà particolarmente competente nelle questioni che riguardano le migrazioni, i bisognosi, gli ammalati e gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma di schiavitù e di tortura».

[43] L’umanità di Dio, Qiqajon, Magnano 2015, 183-184.

 

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INCONTRO CON TUTTI I DIPENDENTI DELLA SANTA SEDE
E DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO, ACCOMPAGNATI DAI FAMILIARI
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Aula Paolo VI
Giovedì, 22 dicembre 2016
Cari fratelli e sorelle,
ci ritroviamo per questo momento bello di famiglia, per scambiarci gli auguri di Natale. E’ un momento per me molto gradito, perché è l’occasione di incontrarci tutti insieme, anche con i vostri familiari, le mogli e i mariti, i figli, i genitori, che spesso sono nonni…
Prima di tutto, voglio ringraziare con voi il Signore per tutti i suoi doni. Perché è vero che in questi giorni si pensa ai regali di Natale, ma in realtà chi fa il vero regalo è Lui, il nostro Padre, che ci dona Gesù. E i nostri regali, questa bella tradizione di scambiarsi dei doni, dovrebbe esprimere proprio questo: un riflesso dell’unico dono che è il suo Figlio fatto uomo e nato della Vergine Maria.
E oggi noi vogliamo ringraziare Dio prima di tutto per il dono del lavoro. Il lavoro è importantissimo sia per la persona stessa che lavora, sia per la sua famiglia. E mentre ringraziamo, preghiamo per le persone e le famiglie, in Italia e in tutto il mondo, che non hanno il lavoro, oppure, tante volte, fanno lavori non degni, pagati male, dannosi per la salute… Dobbiamo sempre ringraziare Dio per il lavoro. E dobbiamo impegnarci, ciascuno con la propria responsabilità, a fare in modo che il lavoro sia degno, sia rispettoso della persona e della famiglia, sia giusto. E qui in Vaticano abbiamo un motivo in più per farlo, abbiamo il Vangelo, e dobbiamo seguire le direttive della Dottrina sociale della Chiesa. Qui in Vaticano io non voglio lavori che non siano in questa linea: niente lavoro in nero, niente sotterfugi.
Dunque, ringraziamo tutti il Signore. Ma, da parte mia, oggi voglio ringraziare voi per il vostro lavoro. Ringrazio ognuno di voi, ognuno, per l’impegno che mette ogni giorno nel fare il suo lavoro e cercare di farlo bene, anche quando magari non sta tanto bene, o ci sono preoccupazioni in famiglia… Una cosa bella del Vaticano è che, essendo una realtà molto piccola, si riesce a percepirla nel suo insieme, con le diverse mansioni che formano il tutto, e ciascuna è importante. I vari settori di lavoro sono vicini e collegati, ci si conosce un po’ tutti; e si sente la soddisfazione di vedere un certo ordine, che le cose funzionano, con tutti i limiti, naturalmente, si può sempre migliorare e si deve, ma fa bene sentire che ogni settore fa la sua parte e l’insieme funziona bene a vantaggio di tutti. Qui, questo è più facile, perché siamo una realtà piccola, ma ciò non toglie nulla all’impegno e al merito personale; e pertanto sento il desiderio di ringraziarvi.
Questo anno che abbiamo vissuto è stato un anno speciale: è stato l’Anno Santo della Misericordia. Abbiamo fatto anche noi, insieme, il nostro Giubileo, ricordate? La prima parte qui, in quest’Aula, e poi siamo andati insieme in corteo alla Porta Santa. Il Signore quest’anno ha fatto straripare su di noi la sua misericordia. E tutta questa grazia è finita con la fine del Giubileo? No! Questa grazia è dentro di noi, perché noi la facciamo fruttificare nella vita di ogni giorno, sia in famiglia sia al lavoro dappertutto. Il Natale ce lo ricorda: «E’ apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna […] a vivere in questo mondo con sobrietà, giustizia e pietà» (Tt 2,11-12), dice l’apostolo san Paolo. La “grazia di Dio” è “apparsa” in Gesù, Lui è l’Amore, l’Amore di Dio incarnato, per opera dello Spirito Santo. E questo stesso Spirito tutti noi l’abbiamo ricevuto, nel Battesimo e nella Cresima; ma dobbiamo invocarlo ogni giorno, risvegliare l’azione dello Spirito in noi, per “vivere in questo mondo” – anche in questo piccolo mondo del Vaticano – “con sobrietà, giustizia e pietà”.
Cari fratelli e sorelle, mentre vi ringrazio, vi chiedo di portare un mio saluto speciale ai bambini e agli anziani delle vostre famiglie. Sono tanto importanti, gli uni e gli altri. E un saluto accompagnato dalla preghiera ai malati.
A tutti faccio questo augurio: che i vostri cuori siano pieni di misericordia, pieni della grazia del Giubileo che Gesù viene a riaccendere in noi.
Il Signore vi benedica e la Madonna vi protegga.
E, davanti al presepe, ricordatevi di pregare per me. Grazie.

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LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
AI VESCOVI NELLA FESTA DEI SANTI INNOCENTI

Dal Vaticano, 28 dicembre 2016
Festa dei Santi Innocenti, Martiri
(…) Oggi anche a noi, pastori, viene chiesto lo stesso, di essere uomini capaci di ascoltare e non essere sordi alla voce del Padre, e così poter essere più sensibili alla realtà che ci circonda. Oggi, tenendo come modello san Giuseppe, siamo invitati a non lasciare che ci rubino la gioia. Siamo invitati a difenderla dagli Erode dei nostri giorni. E come san Giuseppe, abbiamo bisogno di coraggio per accettare questa realtà, per alzarci e prenderla tra le mani (cfr Mt 2,20). Il coraggio di proteggerla dai nuovi Erode dei nostri giorni, che fagocitano l’innocenza dei nostri bambini. Un’innocenza spezzata sotto il peso del lavoro clandestino e schiavo, sotto il peso della prostituzione e dello sfruttamento. Innocenza distrutta dalle guerre e dall’emigrazione forzata con la perdita di tutto ciò che questo comporta. Migliaia di nostri bambini sono caduti nelle mani di banditi, di mafie, di mercanti di morte che l’unica cosa che fanno è fagocitare e sfruttare i loro bisogni. A titolo di esempio, oggi 75 milioni di bambini – a causa delle emergenze e delle crisi prolungate – hanno dovuto interrompere la loro istruzione. Nel 2015, il 68% di tutte le persone oggetto di traffico sessuale nel mondo erano bambini. D’altra parte, un terzo dei bambini che hanno dovuto vivere fuori dei loro paesi lo ha fatto per spostamento forzato. Viviamo in un mondo dove quasi la metà dei bambini che muoiono sotto i 5 anni muore per malnutrizione. Nell’anno 2016 si calcola che 150 milioni di bambini hanno compiuto un lavoro minorile, molti di loro vivendo in condizioni di schiavitù.

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