Massime

Bollettino n. 4 (periodo 1° gennaio 1994 - 31 dicembre 1995) - Massime Corte d'Appello SCV

Causa N. 40A/1994 - 15 febbraio - 17 marzo 1995, S.E. Pompedda Pres. ed Est.*

Competenza ULSA - Art. 2 dello Statuto ULSA - Corretta determinazione dei soggetti del rapporto di lavoro e del suo contenuto.

Gestione amministrativa diretta di un Ente da parte di un Dicastero - Mancata identificazione ed inclusività con il rispettivo Ente gestito - Rilevanza della personalità giuridica.

Natura del ricorso per legittimità ex art. 12 Statuto - Riferimento alle norme inerenti al ricorso per Cassazione.

Applicazione esclusiva dei rapporti di lavoro previsti dagli artt. 6 e 9 del Regolamento Generale della Curia Romana del 1992 – Insussistenza - Singolari contratti di lavoro e di prestazione d'opera - Previsione ex art. 2.2 dello Statuto ULSA.

Enti con personalità giuridica e gestione diretta da Dicasteri della Curia Romana - Attribuzioni di fatto del trattamento dei dipendenti della Curia Romana - Fondamenti - Equità, natura peculiare della materia, dottrina sociale della Chiesa.

La individuazione della competenza dell'ULSA, ai sensi dell'art. 2 dello suo Statuto, implica la corretta individuazione e qualificazione dei soggetti tra i quali intercorre il rapporto di lavoro e del contenuto di quest'ultimo.

La gestione amministrativa diretta di un Ente, da parte di un Dicastero della Curia Romana, non porta ad una inclusione ed identificazione dello stesso con quel Dicastero. L'Ente gestito conserva, infatti, nell'ambito dell'ordinamento canonico, la propria individualità di persona giuridica, con distinta rappresentanza e con propria capacità sia giuridica che processuale, tanto attiva che passiva. Di conseguenza l'Ente, a ragione della sua autonomia, è da considerare come l'unico ed effettivo datore di lavoro nei rapporti instaurati con i contratti di cui è stato parte.

La legittimità di rapporti di lavoro di diritto privato di cui siano parte Enti autonomi, ancorché gestiti da un Dicastero, e come tali sottratti alla disciplina dettata dagli artt. 6 e 9 del Regolamento Generale della Curia Romana del 1992 è deducibile dall'art. 2.2 dello Statuto definitivo dell'ULSA in quanto questo, prevedendo « singolari contratti di lavoro o di prestazione d'opera » ne presuppone la possibilità e, quindi, la liceità.

La natura della giurisdizione, delineata dall'art. 12 dello Statuto dell'ULSA, conferita alla Corte di Appello nel procedimento di ricorso per legittimità contro le decisioni del Collegio, legittima il riferimento alle norme del c.p.c.v. attinenti al ricorso in Cassazione, relativamente sia alla impugnabilità delle decisioni interlocutorie del Collegio dell'ULSA (artt. 352; 379 § 1; 373, 1° c.p.c.) che alla verificazione della violazione di legge ed alla falsa applicazione della stessa (art. 375 §§ 1 e 2 c.p.c).

Il principio di equità generale, la peculiarità della materia, la rilevanza etica di essa nell'ottica della dottrina sociale della Chiesa, consentono di invitare l'Amministrazione affinché, servatis servandis, voglia riconoscere il trattamento che compete al personale dipendente dalla Curia Romana anche al personale dipendente da Enti con personalità giuridica gestiti direttamente da Dicasteri della Curia Romana, al fine di evitare disparità di trattamento con i lavoratori dipendenti dalla Sede Apostolica.

[Dep. 7 marzo 1995]

*Cfr. decisioni del Collegio di conciliazione e arbitrato ULSA nn. 4/93, 4/94

Causa N. 41/1995 - 6 aprile - 6 giugno 1995, S.E. Pompedda Pres., Bruno Rel.*

Tassatività del rinvio al C.P.C. ex art. 11. 5 b) Statuto ULSA - Inapplicabilità art. 245 C.P.C. - Successiva integrazione del ricorso originario, ampliamento della domanda - Illegittimità.

Domanda di risarcimento del danno - Incompetenza ULSA.

Rilevanza silenzio/rigetto - Mancata risposta sul merito della domanda - Atti interlocutori - Interruzione silenziorigetto - Irrilevanza - Can. 1465 CIC.

Diniego - Richiesta - Condizione necessaria.

Inapplicabilità artt. 22,23 RG.C.R - Pontificia Università Urbaniana - Non identificazione con Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

Comando - Identico livello funzionale retributivo - Continuità nello stesso organico.

L'art. 11.5, b) dello Statuto dell'ULSA elenca tassativamente le disposizioni del c.p.c. applicabili al procedimento dinanzi al Collegio di conciliazione e arbitrato e, poiché tra queste non è compreso l'art. 245 § 1 c.p.c. che consente, in sede di udienza preliminare, di procedere « alla decisione sulla richiesta di cambiamento o ampliamento della domanda, insieme con la formulazione dei nuovi articoli della controversia », legittimamente non sono state ammesse domande integrative successive al ricorso presentato al Direttore Generale ULSA.

La richiesta di risarcimento dei danni non rientra di per sé nella competenza dell'ULSA in quanto, come emerge dall'art. 10 dello Statuto del 1989, questa si limita alle « controversie di lavoro, sia individuali che plurime o collettive » come è altresì confermato dall'art. 12 del nuovo Statuto che prevede il ricorso per legittimità per violazione o falsa applicazione di leggi, disposizioni o regolamenti vigenti in materia attinente al lavoro.

Il provvedimento di silenzio - rigetto, previsto dall'art. 10 n. 3 dello Statuto ULSA 1989 e dall'art. 10.4 dello Statuto ULSA 1994, si realizza allorché l'Amministrazione competente non abbia dato risposta sul merito della domanda nel termine di novanta giorni dalla presentazione di essa. Il compimento da parte dell'Amministrazione di atti interlocutori, come ad esempio la richiesta di atti di valutazione, non costituisce attività idonea a sospendere il decorso di quel termine né, tanto meno, del termine per proporre impugnazione avverso il provvedimento di silenzio - rigetto ormai formatosi. Ciò perché i termini di decadenza non sono suscettibili né di proroga, né di sospensione, né di interruzione come del resto conferma il can. 1465 § 1 del C.I.C. per il quale i termini legali, quando non sia altrimenti previsto, sono improrogabili e perentori.

Non può sussistere un provvedimento di diniego in mancanza di una apposita e specifica richiesta.

Non è assoggettabile alla disciplina relativa alla mobilità del personale tra Dicasteri (artt. 22 e 23 R. G.C.R), il dipendente della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli comandato e assegnato a svolgere mansioni presso la Pontificia Università Urbaniana, essendo quest'ultima Ente morale con propria personalità giuridica non identificabile, quindi, con un Dicastero della Curia e nemmeno con la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, che pure la gestisce.**

Il comando o l'assegnamento di mansioni presso altro Ente non implica necessariamente un mutamento del livello funzionale retributivo anche perché presuppone che il dipendente comandato continui a restare nell'organico dell'Ente che ha disposto il distacco, mantenendo il livello funzionale che già gli era stato assegnato.  

[Dep. 13 maggio 1995]
*Cfr. decisione del Collegio di conciliazione e arbitrato ULSA n. 10/94
**Cfr. anche sentenza Corte di Appello dello SCV, Causa n. 40A/1994

Causa N. 42/1995 - 23 maggio - 5 luglio 1995, S.E. Pompedda Pres. ed Est.*

Ricorso per legittimità ex art. 12 Statuto ULSA - Condizione - Pubblicazione decisione.

Ricorso per legittimità ex art. 12 Statuto ULSA – Legittimazione per ambedue le parti.

Sentenze interlocutorie - Impugnabilità - Applicabilità artt. 12 Statuto ULSA e 334 par. 1 C.P.C.

Retribuzione - Proporzionalità al lavoro svolto. Ingiustificato arricchimento dell'Amministrazione - Estraneità alle finalità del patrimonio della Sede Apostolica.

Rivalutazione monetaria - Mancata previsione legislativa.

La sentenza acquista valore e forza con la pubblicazione e notificazione alle parti (can. 1614 c.p.c., art. 353 par. 1 c.p.c., art. 380 c.p.c.) con la conseguente ammissibilità, se la pubblicazione è avvenuta dopo l'entrata in vigore dello Statuto definitivo dell'ULSA, del ricorso per legittimità proposto sulla base della legislazione sopravvenuta.

La legittimazione a proporre ricorso per legittimità ex art. 12 dello Statuto dell'ULSA spetta ad ambedue le parti costituite in giudizio e non già soltanto al dipendente (all. 2 dello Statuto ULSA).

L'impugnazione della decisione interlocutoria può essere proposta insieme con il ricorso avverso la decisione definitiva pronunciata dal Collegio di conciliazione e arbitrato, a ragione del combinato disposto dell'art. 12 del vigente Statuto ULSA con l'art. 334 par. 1 c.p.c.

Il principio per cui la retribuzione va proporzionata all'attività lavorativa effettivamente svolta per più di due anni è legittimo sotto il profilo di una equa applicazione dei principi di giustizia, commutativa o distributiva che sia, nonché di quella giustizia sociale che deve presiedere, particolarmente nell'ordinamento canonico e in quello vaticano, al trattamento retributivo, assistenziale e previdenziale di coloro che alle Amministrazioni della Sede Apostolica prestano il proprio lavoro e la propria opera. Il concetto di ingiustificato arricchimento, però, non può essere formulato nei confronti della Sede Apostolica e dello Stato della Città del Vaticano in quanto la costituzione di un patrimonio, da un lato, non è fine a se stessa, come nell'impresa che è finalizzata all'arricchimento di chi la gestisce, e, d'altro lato, non proviene da introiti fiscali o tributari, come si verifica negli Stati laici.

Nell'ordinamento Vaticano manca una disposizione che prevede la rivalutazione monetaria e non è pertinente alla fattispecie l'art. 123 par. 2 della Cost. Apost. Pastor Bonus che si riferisce ai danni conseguenti da un atto illegittimo. Per contro, la rivalutazione monetaria costituisce soltanto criterio applicabile per la determinazione del credito, una volta che sia stato accertato.
[Dep. 23 maggio 1995]
*Cfr. decisioni del Collegio di conciliazione e arbitrato ULSA nn. 12/93, 11/94

Causa N. 44/1995 - 3 ottobre - 31 ottobre 1995, S.E. Pompedda Pres., Giacobbe Rel.*

Qualificazione giuridica del rapporto di lavoro - Effetti.

Diritto naturale - Irrilevanza del richiamo - Condizioni.

Corrispettività - Obbligazioni di valuta.

Principi di giustizia - Limiti di applicabilità.

Il riconoscimento di una retribuzione proporzionata alla natura dell'attività lavorativa di fatto svolta, non influisce sui diritti del lavoratore conseguenti alla cessazione del rapporto. In relazione a tali diritti deve aversi riguardo alla qualificazione giuridica della posizione del lavoratore e non alla contingente situazione di fatto. Gli effetti di quest'ultima si esauriscono con la attribuzione, durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, dell'indennità che riproporziona la retribuzione.

Non può essere richiamato il diritto naturale, in una controversia che ha nella legge positiva la sua specifica disciplina. Qualora vi siano ragioni di conflitto tra disposizioni di diritto positivo e principi di diritto naturale, potrà essere prospettata l'eventuale modificazione delle prime, ma non ne può essere legittimamente richiesta la disapplicazione.

La prestazione retributiva, in quanto avente come suo contenuto la corresponsione di una somma di danaro, è assoggettata ai principi che regolano le obbligazioni di valuta.

I principi di giustizia, comportanti la necessità di corrispondenza tra il trattamento economico e la prestazione effettivamente svolta, trovano applicazione nell'ambito e nei limiti fissati dalla normativa vigente.
[Dep. 23 maggio 1995]
* Cfr. decisioni del Collegio di conciliazione e arbitrato ULSA nn. 8/93, 2/95