Massime

Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

 

Decisione n. 1/97 - Persiani Pres. ed Est.

Art. 11.5 b) Statuto ULSA - Spese di giudizio - Discrezionalità di valutazione equitativa nell'applicabilità del C.P.C. - Funzione attribuita all'ULSA (Cost. Pastor Bonus, adnexum n. II. 6).

Spese di giudizio - Non proporzionalità del risarcimento - Particolarità del procedimento davanti al Collegio di conciliazione e arbitrato dell'ULSA.

Applicazione analogica del C.P.C - Natura non giudiziaria del Collegio - Compresenza. Tariffe professionali all'interno degli Organi giudiziari dello Stato - Esclusione applicabilità - Speciale Albo degli Avvocati ULSA. Tariffe professionali al di fuori dello Stato - Assenza vincolabilità.

Nella vigenza dello Statuto definitivo dell'ULSA approvato con il Motu proprio «La sollecitudine», che ha modificato la disposizione della lettera b) del n. 5 dell'art. 11, prevedendo l'applicabilità al procedimento avanti al Collegio anche delle disposizioni del Codice di Procedura Civile Vaticano relative «alle spese di giudizio», il Collegio ritiene gli sia conservata ampia discrezionalità di valutazione equitativa, quando si tratti di decidere in merito a dette spese e di quantificarle, stante la particolare funzione che il Santo Padre ha voluto attribuire al Collegio stesso (Cost. Pastor Bonus, adnexum n. II.6).

Il Collegio, nel decidere sulle spese, non è vincolato alla loro funzione di un risarcimento necessariamente proporzionale agli oneri sostenuti dalla parte, come è tendenzialmente proprio delle spese oggetto di condanna nelle procedure giudiziarie, in quanto la particolarità del procedimento avanti il Collegio impone, nella prospettiva segnata dalla necessaria realizzazione della particolare funzione che il Santo Padre ha voluto attribuire all'ULSA (Cost. Pastor Bonus, adnexum n. II.6), che anche la condanna alle spese venga determinata sulla base di prudenti valutazioni che, pur quando riguardino le Amministrazioni convenute, tengano conto della destinazione di queste ultime a fornire un efficace servizio alla Chiesa.

L'applicazione «per analogia» delle disposizioni del Codice di Procedura Civile Vaticano, deve avvenire tenendo conto della « natura non giudiziaria » del Collegio (art. 11.5 b) Statuto ULSA), mentre l'automatica applicazione delle tariffe forensi vigenti per i procedimenti che si svolgono avanti agli organi giudiziari dello Stato, è esclusa dalla previsione di uno speciale Albo degli Avvocati abilitati alla difesa nei procedimenti di competenza (art. 11.5 b) e allegato I, Statuto ULSA). Al tempo stesso, le tariffe professionali vigenti al di fuori dello Stato non sono, e non possono essere, vincolanti per il Collegio: il difensore infatti, ai sensi dell'art. 10 delle Norme cli attuazione degli artt. 10 e 11 dello Statuto dell'ULSA, deve assumere domicilio nella Città del Vaticano.
[Dep. 10 luglio 1997]

 

 

Decisione n. 2/97 - Persiani Pres. Carucci Est.

Tutela diritti soggettivi - Decadenza ex Art. 10.3 Statuto ULSA.

Diritti soggettivi - Decadenza e prescrizione.

Rimessione in termini - Esclusione.

Provvedimento « reiterato » - Presupposti.

Tentativo di conciliazione obbligato e prodromico - Domanda davanti al Direttore Generale e davanti al Collegio di conciliazione e arbitrato - Connessione necessaria.

A mente dell'art. 10.3 dello Statuto definitivo dell'ULSA, possono essere portate alla cognizione del Collegio di conciliazione e arbitrato solo le controversie vertenti sui diritti soggettivi in materia di lavoro che si assumono, lesi da un provvedimento amministrativo a condizione che il ricorso venga proposto all'ULSA nel rispetto del termine che, per la sua stessa brevità e per la mancata previsione di eventi idonei ad interromperlo o a sospenderlo, deve essere qualificato come termine di decadenza, che decorre dalla notifica o comunicazione ovvero dall'effettiva conoscenza del provvedimento che si intende impugnare.

La decadenza dall'impugnazione (art. 10.3 Statuto ULSA) comporta anche la perdita della possibilità di far valere i diritti soggettivi ancorchè non ancora prescritti. Il Legislatore infatti ha voluto che l'unico oggetto dell'accertamento demandato al Collegio sia costituito dal provvedimento impugnato in quanto illegittimamente lesivo di diritti e non già dai diritti lesi.

Intervenuta la decadenza di cui all'art. 10.3 dello Statuto dell'ULSA, a voler ritenere la possibilità della rimessione in termini, si finirebbe per sovvertire ogni principio volto a garantire la certezza del diritto e quindi altresì a privare di ogni serio contenuto l'ulteriore concetto di definitività che assume l'atto amministrativo, allorchè non sia tempestivamente impugnato. Infatti nessun atto giuridico e, partitamente, nessun provvedimento amministrativo, potrebbe ritenersi mai effettivamente definitivo, una volta che si ammettesse la possibilità di rimmetterlo in discussione tramite la mera riproposizione, in qualsiasi momento e con il solo limite della prescrizione, della domanda sulla quale lo stesso ebbe a pronunciarsi e quindi a divenire irretrattabile, una volta decorsi inutilmente i termini di decadenza normativamente fissati per la sua impugnativa.

L'inerzia dell'Amministrazione a fronte della istanza di un dipendente se pure costituisce silenzio-rigetto, non soccorre di per sé ad integrare un provvedimento « reiterato » potendo definirsi tale solo quel provvedimento che esprime una nuova volontà dell'Amministrazione, sia pure confermativa di quella in precedenza dichiarata, maturata a seguito di un sostanziale riesame della vicenda.

Le domande, su cui il Collegio debba pronunciarsi, non possono discostarsi da quelle già formulate in sede conciliativa dinanzi al Direttore dell'ULSA. La presente fase infatti, a mente del combinato disposto dagli artt. 10.9,3° comma e 11.3, 3° comma dello Statuto ULSA, non si pone per il dipendente come scelta autonoma e alternativa rispetto a quella conciliativa, ma a quest'ultima è intimamente connessa, specie sotto il profilo del thema decidendi, che non può mutare rispetto a quello che fu già oggetto del tentativo di conciliazione, tentativo che non costituisce un passaggio eventuale, rimesso a valutazioni di opportunità di chi agisce, ma momento obbligato e prodromico, dal cui avvenuto espletamento trae poi legittimazione lo stesso ricorso al Collegio. Ogni diversa interpretazione delle richiamate disposizioni della legge, oltre a porsi contro il significato proprio delle parole da queste usate, confliggerebbe altresì con la ratio cui lo Statuto dell'ULSA è ispirato e se, da un lato, finirebbe per lo svuotare di ogni valenza lo stesso istituto del tentativo di conciliazione dinanzi al Direttore dell'ULSA, dall'altro vanificherebbe il principio di economicità che deve assistere la giustizia, portando sempre e comunque alla cognizione del Collegio, questioni che in ipotesi si sarebbero potute risolvere ed appianare già in sede conciliativa.
[Dep. 23 ottobre 1997]