Massime

Massimario delle decisioni del Collegio di conciliazione e arbitrato

 

Decisione n. 1/96 - Persiani Pres. ed Est.

Natura certificazione della Segreteria di Stato - Gestione amministrativa diretta o indiretta dalla Sede Apostolica - Art. 2.3 dello Statuto ULSA - Determinazione della competenza.

La certificazione del Cardinale Segretario di Stato che attesta un Organismo o un Ente fosse o no gestito amministrativamente in modo diretto o indiretto dalla Sede Apostolica è esclusiva ed insindacabile nonché direttamente determinativa della competenza dell'ULSA (art. 2.3 Statuto ULSA).
Tale competenza va determinata in relazione alla situazione di fatto esistente nel momento in cui viene esibito il ricorso.
[Dep. 17 aprile 1996]

 

Decisione n. 2/96 - Persiani Pres., Sandulli Est.

Giudizio - Deposito documenti - Regolarità - Condizioni.

Istruttoria - Inammissibilità della domanda - Irrilevanza della comparazione.

Nuove mansioni - Limiti.

Declaratoria – Concorrenza di mansioni - Aggiornamento - Obbligazione esplicita nel caso di specie.

L'onere delle parti di provvedere al deposito in cinque copie è specificamente previsto soltanto per l'atto introduttivo del giudizio e i documenti allegati (art. 10 delle Norme di attuazione degli artt. 10 e 11 dello Statuto dell'ULSA) nonché per le deduzioni e controdeduzioni (art. 13 delle Norme di attuazione degli artt. 10 e 11 dello Statuto dell'ULSA). Non è, invece, previsto per i documenti depositati nel corso del giudizio, onde ai fini della regolarità del deposito di questi è sufficiente la sua tempestività e che la controparte venga messa effettivamente nelle condizioni di prenderne visione.

Per l'accoglimento della domanda volta ad ottenere l'attribuzione di una qualifica superiore è irrilevante la comparazione con la posizione riconosciuta ad altri dipendenti sulla quale, quindi, non è consentito di dare prova per testi soprattutto se prospettata sulla base di indicazioni generiche.

Il potere dell'Amministrazione di adibire del personale allo svolgimento di nuove mansioni non incontra limiti allorché queste siano, ancorché non puntualmente corrispondenti, equivalenti a quelle originarie. (Nel caso di specie risultavano centrali e qualificanti in entrambe le posizioni quella precedente e quella alla quale il dipendente è stato destinato - le funzioni di controllo e di guida del personale subalterno).

Le mansioni, ricomprese nella declaratoria e concorrenti a definire una posizione, influiscono sull'attribuzione di quest'ultima a seconda della loro effettiva incidenza.
Quando, tra di esse, è ricompreso l'aggiornamento questo diviene oggetto di specifica obbligazione ed assume funzione qualificante della posizione. (Nel caso di specie il ricorrente ha dimostrato soltanto l'esistenza di mansioni dimidiate e mutile rispetto a quelle proprie della posizione pretesa).
[Dep. 20 maggio 1996]

 

Decisione n. 3/96 - Persiani Pres. ed Est.

Art. 6.4 Regolamento Pensioni dell'8 settembre 1992 - Caratteristiche - Natura polizza assicurativa ed indennità ex Art. 2 Regolamento Pensioni del 1963.

Ambito di discrezionalità riconosciuto all'Amministrazione - Assenza di disposizioni di attuazione della normativa.

Previsione riscatto nella polizza assicurativa - Carenza di finalità previdenziali.

Polizza assicurativa e pensione.

L'accensione di una polizza assicurativa ex art. 6.4 del Regolamento Pensioni del 1992 si pone su un piano completamente diverso rispetto a quello sul quale si pongono le altre tecniche previste dallo stesso articolo (la totalizzazione e l'eventuale trasferimento ad altro regime) in quanto non tende a utilizzare i periodi di contribuzione per conseguire un diritto a «pensione» nell'ambito di un regime previdenziale, ma garantisce soltanto una «rendita» e, cioè, un surrogato della «pensione» previdenziale.

L'accensione di quella polizza si pone sullo stesso piano dell'indennità prevista dagli artt. 2 e 8 del Regolamento Pensioni del 1963; costituendo soltanto una tecnica più raffinata ed efficace, posto che, garantendo una «rendita»; per quando sarà maturata una determinata età, assolve sicuramente ad una funzione previdenziale.
L'art. 6.4 del Regolamento Pensioni del 1992 non impone affatto che l'onere economico della polizza assicurativa debba essere, quanto meno, pari al complesso dei contributi versati o afferenti all'intero rapporto di lavoro né che quell'onere debba essere determinato facendo, in qualche modo, riferimento al costo derivante dall'eventuale operatività di un regime convenzionale per totalizzazione o da quello che sarebbe derivato dal trasferimento ad altro regime previdenziale.

In mancanza di disposizioni di attuazione di un Regolamento, residua all'Amministrazione convenuta una discrezionalità nel dare concreta applicazione a disposizioni che sono di principio e, quindi, non contengono una compiuta disciplina. (Nel caso di specie quella discrezionalità è stata, di fatto, esercitata correttamente con l'offerta di una polizza di assicurazione che garantisce al compimento del sessantacinquesimo anno di età, una «rendita» di importo corrispondente a quello della «pensione» che, se ne fossero maturati i requisiti, sarebbe stata erogata al momento in cui il ricorrente è cessato dal servizio).

La pretesa previsione nella polizza assicurativa della facoltà di riscatto contraddice con le finalità previdenziali che il Legislatore ha ritenuto di dover necessariamente e specificamente perseguire con il quarto comma dell'art. 6 del Regolamento Pensioni dell'8 settembre 1992, in quanto, consentendo all'interessato l'immediata percezione di una somma di danaro, rende soltanto eventuale la funzione previdenziale che è quella di garantire un sostegno economico per il momento in cui l'età riduce le possibilità di guadagno.

La polizza assicurativa ex art. 6.4 del Regolamento Pensioni del 1992, proprio perché stipulata nel presupposto che non è stato maturato diritto a «pensione» non può e non deve garantire un trattamento che abbia le stesse caratteristiche della «pensione». Se così fosse, sarebbe del tutto inutile la previsione legislativa di requisiti ai quali è subordinato il diritto a « pensione » e, comunque, la previsione di requisiti per aver diritto alla pensione « differita ». A maggior ragione, la polizza assicurativa non deve comportare una copertura maggiore e più estesa di quella garantita dal regime previdenziale in relazione al servizio effettivamente prestato. (Nel caso di specie, il ricorrente non avendo maturato cinque anni di servizio, non aveva diritto a copertura assicurativa per il caso di morte (cfr. primo comma dell'art. 15 del Regolamento Pensioni dell'8 settembre 1992)).
[Dep. 1 ottobre 1996]

 

Decisione n. 4/96 - Persiani Pres. ed Est.

Difesa delle parti davanti al Collegio di conciliazione e arbitrato dell'ULSA - Condizioni.

Comparizione personale - Costituzione a mezzo di Avvocato - Non alternatività.

Termine ex art. 10 n. 6, 4° comma dello Statuto dell'ULSA - Perentorietà.

Ai sensi del combinato disposto della lettera b) del n. 5 dell'art. 11 dello Statuto dell'ULSA e del quarto comma del n. 6 dell'art. 10 nonché di quanto disposto dall'art. 30 del Codice di Procedura Civile Vaticano, la difesa delle parti davanti al Collegio può essere assunta esclusivamente dagli iscritti all'Albo costituito a norma del Regolamento annesso allo Statuto dell'ULSA.

La comparizione personale del ricorrente prevista dalla lettera c, del n. 5 dell'art. 11 dello Statuto dell'ULSA non è alternativa alla costituzione a mezzo di avvocato abilitato ai sensi di legge anche perché il secondo comma dell'art. 30 del Codice di Procedura Civile Vaticano - direttamente applicabile alle procedure avanti il Collegio per effetto del rinvio contenuto nella disposizione della lettera b) del n. 5 dell'art. 11 dello Statuto dell'ULSA - prescrive l'assistenza di un avvocato anche quando la parte rivesta tale qualità.

Il termine di 30 giorni dalla data di presentazione del ricorso assegnato al Collegio per la pronuncia in camera di consiglio non consente rinvii (art. 10 n.6, 4° comma dello Statuto dell'ULSA).
[Dep. 9 ottobre 1996]

 

Decisione n. 5/96 - Pessi Pres. ed Est.

Art. 2. 2 Statuto ULSA - Singolari contratti di lavoro o prestazione d'opera Individuazione fattispecie.

Annullabilità d'ufficio di atti amministrativi invalidi - Limiti.

Al fine di delineare la nozione di «singolare contratto di lavoro», la lettura sistematica dell'art. 2, comma 2, dello Statuto dell'ULSA consente di ritenere che il Legislatore abbia voluto contrapporre i rapporti di lavoro disciplinati dai regolamenti e dalle tabelle organiche a quegli altri rapporti che fossero originati «da altri singolari contratti di lavoro»; viene, quindi, individuata una fattispecie a tratto generale, afferente al rapporto « tipo» con i singoli Organismi o Enti di cui al 1° comma dell'art. 2, rispetto a fattispecie residuali, aventi come connotato comune quello di originare rapporti di lavoro privi degli elementi qualificanti la tipicità di cui alla fattispecie a tratto generale. L'una e l'altra fattispecie originariamente diverse per natura, contenuto ed elementi qualificanti, così che il giudizio di sussunzione sillogistica della fattispecie concreta nella fattispecie astratta non consente un processo qualificatorio tale da comportare confusioni quanto alla disciplina normativa da assumere poi a riferimento.

In applicazione del principio della necessità di certezza delle situazioni giuridiche, non possono essere annullati d'ufficio gli atti che abbiano dispiegato in modo irreversibile i propri effetti per un periodo di tempo adeguatamente lungo. Nel caso di specie, a fronte di un vizio del procedimento di assunzione del ricorrente - seppur sussistente e quindi fosse tale da determinare l'annullabilità dell'assunzione - non ne ha determinato l'annullamento, mentre risulta che l'Amministrazione ha prestato «acquiescenza » al provvedimento invalido e ne ha, così, favorito la «convalescenza» confermata dalla costante applicazione del Regolamento come se il ricorrente fosse stato regolarmente assunto.
[Dep. 11 ottobre 1996]

 

Decisione n. 6/96 - Persiani Pres. ed Est.

Termine ex art. 10 dello Statuto dell'ULSA per presentare istanza Decadenza.

Inammissibilità istanza (art. 10.5 dello Statuto dell'ULSA) – Mancanza di indicazione del provvedimento lesivo.

Il termine per la presentazione dell'istanza è previsto dall'art. 10 dello Statuto dell'ULSA a pena di decadenza.

L'istanza, a pena di inammissibilità ai sensi dell'Art. 10 n. 5 dello Statuto dell'ULSA, deve contenere l'indicazione del provvedimento ritenuto lesivo di un diritto.
[Dep. 8 novembre 1996]

 

Decisione n. 7/96 - Persiani Pres. - Carucci Est.

Riserva mentale - Sanatoria decadenza - Irrilevanza.

Richiesta del ricorrente volta alla discrezionalità dell'Amministrazione Inidoneità a provocare un provvedimento amministrativo.

Atto dell'Amministrazione meramente ricognitivo e confermativo Inconfi-gurabilità - Provvedimento amministrativo.

Atto definitivo - Certezza del diritto.

Silenzio rigetto – Rilevanza – Condizione - Atto dovuto dell'Amministrazione.

La riserva mentale non può, come tale, rilevare sul piano del diritto ai fini di evitare una decadenza che non sopporta eccezioni di sorta e che può essere impedita soltanto con l'atto formale di impugnazione del provvedimento (art. 10.3 Statuto ULSA). (Nel caso di specie la irretrattabilità del provvedimento divenuto definitivo non poteva essere rimessa in discussione sulla base dell'assunto del ricorrente, secondo il quale, il suo comportamento acquiescente sarebbe stato determinato esclusivamente dall'affidamento nelle assicurazioni, di poi non mantenute, che in ogni caso gli sarebbe stata riconosciuta una determinata prestazione).

L'istanza del ricorrente, in quanto volta ad ottenere la riconsiderazione di una situazione giuridica oramai definita, è inidonea a provocare un provvedimento amministrativo e suona piuttosto come una petizione «rimessa» alla mera discrezionalità di chi su di essa è chiamato ad esprimersi.

La lettera dell'Amministrazione che si risolve, anche con riguardo alla sua motivazione, in un atto meramente ricognitivo ed espressamente confermativo di quello originariamente assunto (di cui ivi veniva ribadita la «tassatività»; l'«obbligatorietà» e l'«immediatezza» e, quindi, dichiarata l'impossibilità di «una sia pure parziale remissione o revoca») non dà luogo ad un nuovo ed autonomo provvedimento rispetto alla materia in esame.

Non ogni risposta dell'Amministrazione alle richieste dei propri dipendenti deve necessariamente integrare un « provvedimento » nel senso tecnico giuridico; a voler ritenere il contrario, verrebbe a cadere la garanzia fondamentale della certezza del diritto, e nessun fatto o atto giuridico potrebbe ritenersi mai veramente definito, una volta che si aprisse la possibilità di rimetterlo in discussione, sotto mero pretesto di una mancata risposta o di una risposta comunque non soddisfacente, a chi periodicamente torna a chiedere di esso conto e ragione o ne invoca, comunque, la revisione con una supplica.

Intanto si può parlare di silenzio-rigetto, in quanto tale comportamento dell'Amministrazione sia riferibile ad un « atto dovuto » e, quindi, ad un atto che, laddove è mancato, viene per legge considerato come provvedimento di rigetto.
[Dep. 29 novembre 1996]

 

Decisione n. 8/96 - Pessi Pres. ed Est.

Sanzioni disciplinari Art. 32, 2° comma del Regolamento per i dipendenti dell'Ufficio « Computisteria e Cassa » del Rev.mo Capitolo di San Pietro in Vaticano del 1972 - Individuazione competenza del Rev.mo Capitolo.

Procedimento amministrativo - Fase costitutiva incompleta - Annullabilità.

Legittimo esercizio del potere di rappresentanza - Condizioni.

Annullamento - Effetti.

L'Art. 32, 2 ° comma, del Regolamento per i dipendenti dell'Ufficio « Computisteria e cassa » del Rev.mo Capitolo di San Pietro in Vaticano che recita: « Le altre sanzioni disciplinari sono comminate con decisione della Camerlengale o, nei casi più gravi, del Rev.mo Capitolo su rapporto della Camerlengale »; consente di ritenere che i « casi più gravi » si riferiscano al licenziamento ed alla sospensione, laddove questa può essere disposta per un periodo superiore al mese o anche a tempo indeterminato e fino a revoca (cfr. art. 30 d).

Il provvedimento « finale » di licenziamento risulta viziato, ed è quindi annullabile, quando il procedimento amministrativo è incompleto nella sua fase costitutiva. (Nel caso di specie l'art. 32, 2° comma, del Regolamento applicabile richiede per il licenziamento un procedimento amministrativo costituito da due atti-provvedimento, la proposta della Camerlengale e la delibera Capitolare).

Non è in contestazione il potere del legale rappresentante dell'Amministrazione di intimare il licenziamento: viene, invece, contestato l'esercizio di tale potere in assenza di un previo provvedimento di licenziamento deliberato dall'organo collegiale competente.

L'illegittimità ed il conseguente annullamento del provvedimento di licenziamento non consentono che questo produca l'estinzione del rapporto di lavoro, con conseguente obbligo dell'Amministrazione convenuta di risarcire i danni subiti dal ricorrente per la mancata percezione del trattamento retributivo diretto ed indiretto, nonché per il depauperamento della sua posizione previdenziale, con gli interessi come per legge.
[Dep. 20 dicembre 1996]