Massime

 

Massime Corte d'Appello SCV

 

Causa N. 55/1996 - 14 luglio 1998 - 30 ottobre 1998, S.E. Pompedda Pres., Giacobbe Rel. (conferma decisione del Collegio di conciliazione e arbitrato n. 7/96).

 

Art. 12 dello Statuto ULSA - Ambito di indagine della Corte di Appello dello Stato della Città del Vaticano.

Art. 80 R.G.C.R - Provvedimento di destituzine di diritto - Definitività - Mancata impugnazione nei termini di legge. Vizi di legittimità - Diversità dalla nullità e dalla inesistenza.

Provvedimento amministrativo illegittimo - Mancata impugnazione entro i termini - Effetti preclusivi e non sanatoria.

Decadenza - Principi.

Obbligo di provvedimento - Limiti

Silenzio-rigetto - Rilevanza.

 

Il ricorso di legittimità previsto dall'art. 12 dello Statuto dell' ULSA attribuisce alla Corte di Appello dello Stato della Città del Vaticano un controllo di mera legittimità, dovendosi accertare se la decisione impugnata sia o no conforme ai principi di diritti che regolano, rispettivamente, i1 procedimento e il rapporto sostanziale.

Quando sia stato accertato che il provvedimento di destituzione, non essendo stato impugnato nei termini di legge, è divenuto definitivo, non è consentito, in sede di legittimità, proporre ragioni che avrebbero dovuto essere prospettate, con le modalità ed entro i termini previsti dalla legge, al Collegio di conciliazione e arbitrato. Ed infatti, i possibili' vizi dell'atto di destítuzione sono da ricondurre alla categoria della violazione di legge e non determinano una nullità radicale e, tantomeno, l'inesistenza del provvedimento impugnato.

La mancata impugnazione del provvedimento amministrativo illegittimo, entro i termini di legge, non comporta la sanatoria di esso, bensì la preclusione di ogni atto di impugnaZione con conseguente definitività di quel provvedimento.

I termini di decadenza non possono essere sospesi soltanto perché la parte non li avrebbe rispettati per convinzioni personali o per effetto di una riserva mentale. Infatti, alla decadenza non sono applicabili le norme attinenti alla sospensione ed interruzione proprie della prescrizione, onde, scaduto il termine, non sono ammissibili proroghe.

La risposta dell'Amministrazione ad una istanza che, per il suo contenuto, non esprima una volontà idonea a determinare effetti giuridici, è da considerare come mera espressione di cortesia, con la conseguenza che, rispetto ad essa, non è configurabile la formazione di un provvedimento o di un provvedimento di silenzio-rigetto.

L'istituto del silenzio-rigetto assume rilevanza, come atto amministrativo autonomamente impugnabile, soltanto nell'ipotesi in cui esso sia riferibile ad un atto dovuto della autorità amministrativa cui l'istanza è rivolta. Da ciò deriva che quando, come nella fattispecie, non è ipotizzabile il diritto della parte istante ad ottenere il provvedimento amministrativo, non si può ritenere che si sia realizzato il silenzio-rigetto che consente la correlativa impugnazione.